Palermo

Giovedì 09 Maggio 2024

Mafia e pizzo nel Palermitano, sei condanne in appello. NOMI E FOTO

Giuseppe Scaduto
A destra Alessandro Del Giudice
Giovanni Di Salvo

Confermata in appello, anche se con alcune riduzioni di pena, la sentenza di primo grado del processo Araldo in cui erano stati condannati dieci imputati per i reati di usura ed estorsione aggravate dal metodo mafioso e alcune vittime di usura, che con il supporto di Addiopizzo avevano raccontato i soprusi e le vessazioni subite, avevano ottenuto un risarcimento

La sentenza e i nomi

La Corte, presieduta da Adriana Piras, ha inflitto la pena più pesante di 5 anni e 2 mesi al bagherese Giovanni Di Salvo (detto Gino) ritenuto il capo della banda (erano 5 anni e 8 mesi); l'avvocato Alessandro Del Giudice, che ha collaborato con la giustizia, ha avuto lo sconto di un anno e dovrà scontare 4 anni, 2 mesi e 20 giorni di reclusione; a Gioacchino Focarino sono toccati 3 anni e 2 mesi mentre 3 anni, un mese e 20 giorni (erano 3 anni e 4 mesi) sono andati all'imprenditore Simone Nappini. Confermate le condanne anche per Giovanni Riela (un anno e 8 mesi), Antonino Troia (2 anni e 2 mesi), Giacomo Alaimo (4 mesi). Assolti Giuseppe Scaduto e Atanasio Alcamo che avevano avuto un anno e Vincenzo Fucarino e Antonino Saverino, entrambi dalla pena di 6 mesi.

L'inchiesta

L’indagine, condotta dalla guardia di finanza e dai carabinieri e coordinata dalla Procura, aveva consentito di individuare un’organizzazione criminale che concedeva soldi a strozzo tra Bagheria, Ficarazzi e Villabate seguendo i movimenti dell’avvocato Del Giudice, che poi si era pentito scegliendo di aiutare i magistrati. I tassi variavano dal 143 per cento fino al 5.400 per cento all’anno e così, a fronte di un prestito di 500 euro, la somma da restituire in soli quattro giorni diventava di 800 euro.  

leggi l'articolo completo