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L'omicidio in discoteca a Palermo, gli agenti trovarono il locale chiuso: gestore e buttafuori dissero che «non era accaduto nulla di rilevante»

I retroscena della decisione di chiudere per due mesi il locale Notr3. Qualcuno pulì la scena del delitto, ma i poliziotti trovarono ugualmente tracce di sangue, un tirapugni, un’ogiva e un rastrello

Subito dopo l’omicidio di Lino Celesia, gli agenti trovarono il locale chiuso e, solo dopo aver bussato, il gestore e due buttafuori del Notr3 di Palermo aprirono, rispondendo che «non era accaduto nulla di rilevante». Una volta entrati, i poliziotti nell’area fumatori, dove sarebbero stati esplosi i colpi, avevano avvertito un forte odore di detergente, segno che qualcuno aveva cercato di pulire, trovando tuttavia i residui di macchie di sangue, un tirapugni, un’ogiva e un rastrello. A quasi due mesi dall’omicidio dell’ex calciatore, per quella «radicale omertà» e «per l’incredibile versione dei fatti», così come gli inquirenti avevano descritto il comportamento dei presenti sulla scena del delitto, il questore di Palermo Maurizio Calvino ha sospeso per sessanta giorni la licenza per trattenimenti danzanti e la Scia per somministrazione di alimenti e bevande della discoteca Notr3, in via Pasquale Calvi, dove la sera del 21 dicembre ci fu l’assassinio del ventiduenne.

Risse e scontri per mesi

Fu, quel delitto, il culmine di una deriva violenta e incontrollata andata avanti per mesi, fra risse e scontri in centro e nelle periferie, fra aggressioni (anche ai vigili urbani, alla Vucciria, luogo centrale della movida), soprattutto i colpi esplosi in aria in via La Lumia, in mezzo a una folla di ragazzini, nella notte fra il 9 e il 10 dicembre. Proprio mercoledì è stato rintracciato il trentenne dello Sperone Marco Cucina, che era stato individuato nei giorni successivi al fatto, ma che, saltando un muro, era riuscito a sfuggire ai poliziotti, mentre tentavano di prenderlo. Cucina è ritenuto l’autore di quegli spari: è stato catturato ed è finito in cella, mentre il suo amico Salvatore Emanuele, 27 anni, anche lui coinvolto nella rissa precedente alla sparatoria, è stato ristretto ai domiciliari, mentre per Salvatore Miceli, di 21 anni, è stato disposto l’obbligo di firma.

Il provvedimento

Forse non a caso, dopo l’esecuzione di quell’ordine di custodia, ieri (15 febbraio) è scattata la misura per il Notr3. La chiusura è stata disposta sulla base dell’articolo 100 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, che consente di interrompere l’attività di quei locali in cui sono avvenuti «tumulti o gravi disordini», o che siano «abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose» o che, comunque, «costituisca un pericolo per l’ordine pubblico». Il provvedimento non arriva a caso ma rientra nella tolleranza zero contro la movida violenta che ha messo al centro del mirino le sacche di illegalità che sono cresciute ai margini di luoghi del divertimento della città. Nel caso del Notr3, sebbene la rissa sia partita all’interno e si sia conclusa all’esterno, secondo gli investigatori questa circostanza «si è verificata senza che gli addetti alla sicurezza in servizio quella sera - si legge in una nota della questura - ponessero in essere condotte atte a impedire il degenerare della lite, intervenissero successivamente per prestare assistenza alla giovane vittima o dessero immediata notizia alle forze dell’ordine».

Le indagini sui buttafuori

L’inchiesta, condotta dagli uomini della squadra mobile e coordinata dalla Procura, sta accertando eventuali responsabilità di altre persone, in particolare dei buttafuori, anche perché, nei momenti immediatamente successivi alla sparatoria, ci sarebbe stato chi «in un ambito in cui dovrebbero operare addetti alla sicurezza pronti a intervenire al primo segno di agitazione, è pronto e in condizione di operare lo sgombro e il lavaggio del teatro di un assassinio, ponendo in essere una condotta che appare ampiamente superare la soglia della mera connivenza», ha messo nero su bianco il gip nella sua ordinanza.

Per l’uccisione del giovane del Cep è finito dietro le sbarre al Malaspina M.O. di 17 anni, che ha ammesso di avere sparato per paura di essere picchiato da Celesia, aggiungendo poi di avere gettato la pistola in mare. G.O., il fratello di 22 anni, anche lui in carcere, deve rispondere invece di detenzione illegale di arma perché era in possesso di una pistola, presumibilmente a salve, anche se pure questa arma non è stata ritrovata.

I fatti del marzo 2023

A marzo dello scorso anno la stessa discoteca era stata già colpita da un provvedimento analogo - anche se all’epoca lo stop era stato di un mese - per l’aggressione da parte di un gruppetto di ragazzi ai danni di un coetaneo che era stato ricoverato in ospedale con una prognosi di 30 giorni. E pochi giorni prima, alla fine di gennaio, i poliziotti erano intervenuti davanti al Notr3 per dividere un addetto alla sicurezza e un cliente che discutevano animatamente: il ragazzo si era poi scagliato contro gli agenti ed era stato arrestato per resistenza e lesioni aggravate a pubblico ufficiale.

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