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Le indagini sul delitto di Favara: sembra un agguato di mafia, ma la vittima non era ritenuta organica ai clan della città

Dai vecchi fascicoli intestati al rivenditore di auto Francesco Simone, rispolverati dai carabinier, sono emersi precedenti per stupefacenti e reati contro il patrimoni

È stato ucciso mentre zappava la terra. Colpi di pistola in faccia per assassinare il rivenditore di autovetture di Favara. Si tratta di Francesco Simone, 69 anni, con numerosi pregiudizi di polizia alle spalle, ma non ritenuto organico alle famiglie mafiose della città. Ammazzato come si fa nei delitti di mafia, almeno così sembra simboleggiare la dinamica dell’agguato avvenuto ieri (7 dicembre) nella tarda mattinata, in contrada «Poggio muto», nei pressi della «Crocca», dove l’uomo era proprietario di un appezzamento di terreno e una piccola casa di campagna che raggiungeva ogni giorno per trascorrere parecchie ore. Il sicario (o i sicari) hanno dunque agito dentro l’area di pertinenza, regolarmente recintata, al di fuori dell’abitazione. Francesco Simone è stato trovato riverso sulla terra da un familiare che ha subito dato l’allarme.

L’auto dell’uomo, un suv bianco parcheggiato vicino la casa di campagna è stata sequestrata ed i carabinieri del Ris stanno cercando eventuali tracce biologiche. Le indagini sono scattate immediatamente ed a condurle, su disposizione della Procura della Repubblica di Agrigento, sono i carabinieri del comando provinciale guidati dal colonnello Nicola De Tullio quelli della tenenza di Favara e i militari del Nucleo operativo radiomobile della compagnia di Agrigento con il coordinamento del sostituto procuratore della Repubblica, Maria Barbara Grazia Cifalinò.

Dai vecchi fascicoli intestati all’uomo, rispolverati dai militari dell’arma sono emersi diversi precedenti penali e di polizia per stupefacenti e reati contro il patrimonio ma nulla di particolarmente significativo. La vittima si occupava di compravendita di auto attraverso una società, la Sido car intestata al figlio, Domenico. Nessun legame, almeno all’apparenza, con ambienti criminali organizzati, tanto da far pensare che potesse essere una vittima predestinata. Ma le modalità di esecuzione ed in particolare quel colpo sparato in faccia, fanno pensare che dietro possa esserci la mafia con i suoi tentacoli locali.
Le indagini ruotano a 360 gradi ma si sta scavando nella vita privata dell’uomo, tra le sue relazioni per cercare un quadro indiziario da cui partire e individuare il movente del delitto. In caserma sono stati convocati, dai carabinieri, i figli, alcuni amici e conoscenti e le ultime persone che sono state contattate o che hanno contattato Francesco Simone al cellulare o sulla messaggistica privata.
Ma al momento gli investigatori non avrebbero elementi utili da cui partire. Altri elementi potrebbero arrivare dalle immagini di alcune telecamere di sicurezza installate in altre abitazioni private adiacenti a quella della vittima.
Intanto, l’autopsia che verrà effettuata dal medico legale Alberto Alongi (che ieri stesso è stato chiamato per effettuare l’ispezione cadaverica) sarà di aiuto alle indagini fornendo i primi dati certi sul delitto.

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