A conti fatti, con un bacino di 200 persone - anche se, a detta di chi ci ha avuto a che fare, sarebbero molti di più - l’associazione Le ali della libertà di Tommaso Natale, facendo pagare 50 euro a persona, annualmente intascherebbe 10 mila euro. Denaro esentasse, perché a fronte del pagamento a nessuno veniva rilasciata una ricevuta.
Tacciono i responsabili della struttura, ieri più volte cercati ma introvabili per la cronista. La vicenda portata alla luce dal Giornale di Sicilia ha evidenziato come l’associazione avrebbe chiesto un contributo da far pagare ai poveri per le spese di gestione della propria struttura. Soldi non dovuti, secondo quanto detto e ribadito dal Banco Alimentare, che è la centrale della distribuzione degli aiuti, poi materialmente erogati dalle associazioni convenzionate.
«E nessuno - dice Fabio Costantino, consigliere della settima circoscrizione - è obbligato a firmare la convenzione se non può autosostenersi. L’assistenza ai bisognosi non può diventare un mestiere. Chi chiede la spesa ha fame». In sostanza la gratuità assoluta del sostentamento non può avere alcuna deroga. Dopo il nostro articolo di ieri c’è una pioggia di reazioni all’iniziativa dell’associazione, che, al momento della presentazione della richiesta, oltre ai documenti, chiedeva un contributo fisso di 50 euro: 20 subito e i restanti 30 rateizzati in tre mesi, 10 euro alla volta.
«È vero che le associazioni hanno delle spese di gestione: affitto, utenze, trasporto per andare a ritirare la spesa - commenta ancora Costantino -. Ci sono realtà che conosco molto bene, costituite da volontari che aiutano, senza chiedere nulla in cambio».
Il presidente della settima circoscrizione, Giuseppe Fiore, apre le porte della sua sede al Banco Alimentare per individuare un'alternativa: senza i pacchi spesa tante famiglie non possono andare avanti. «Non si può fermare il Banco Alimentare - dice Fiore -. Se questa associazione non avrà più la convenzione, sarà il caso di trovarne un'altra per non fare pesare questi fatti incresciosi su chi ha bisogno. Propongo al Banco una seduta congiunta tra i loro rappresentanti e le associazioni del quartiere per trovare insieme una soluzione».
Dietro quei sacchi vuoti che attendono di essere riempiti ci sono storie drammatiche. Persone che mangiano la pasta sia a pranzo che a cena perché costa meno. Aprono i pacchi e hanno negli occhi la speranza di trovare anche una bottiglia di olio di oliva, perché sugli scaffali del supermercato costa 9 euro.
Qualcuno cerca il pezzo di parmigiano ma non c'è. «I prodotti più costosi non sempre li includono, chissà che fine fanno - dicono alcuni beneficiari del pacco spesa -. Eppure quando prendono la merce dal furgone mi è capitato di vederli».
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