Palermo

Mercoledì 27 Novembre 2024

L'estorsione al porto di Palermo, gli imprenditori raccontano le pressioni: «Pagamenti in ritardo e obiezioni continue»

Non era normale che il direttore tecnico della Socostramo, Francesco Tricarico, avesse voce in capitolo nei pagamenti alle ditte subappaltatrici e ai fornitori. A riferirlo agli inquirenti è stato un dipendente della stessa impresa che aveva vinto l’appalto – poi revocato - per la ristrutturazione e il restyling della stazione marittima del porto di Palermo. A denunciare le anomalie ad agosto dell’anno scorso era stato il presidente dell’Autorità di Sistema portuale del mare della Sicilia Occidentale, Pasqualino Monti, il quale a sua volta era stato messo in allerta da due suoi collaboratori, che, nelle loro relazioni, avevano messo nero su bianco tutte le irregolarità. L’altro ieri gli arresti del direttore tecnico Francesco Tricarico e del direttore di cantiere Rosario Cavallaro, nell’ambito dell’indagine dei finanzieri, coordinati dal procuratore aggiunto Paolo Guido e dal pm Luisa Vittoria Campanile. Il geometra, interrogato dai finanzieri, aveva spiegato quale era il ruolo del suo superiore, finito agli arresti domiciliari assieme al direttore di cantiere, Rosario Cavallaro, che invece era l’uomo indicato dall’azienda per dare il via libera alla liquidazione delle fatture presentate da chi lavorava sulla commessa. «Gerarchicamente c’è un direttore tecnico che non ha un ruolo operativo vero e proprio, ma è solo una sorta di supervisore di tutti i cantieri – aveva puntualizzato l’impiegato –. Da circa sette anni questo ruolo viene ricoperto dall’ingegnere Tricarico. Nella normalità dei casi il direttore tecnico non interviene nel sistema di liquidazione dei pagamenti nei confronti dei subappaltatori, mentre il direttore di cantiere ha un ruolo fondamentale in quanto, senza la sua firma, l’ufficio amministrativo non può liquidare le fatture». I due sono accusati di estorsione perché avrebbero chiesto a tre imprenditori in subappalto somme «extra», che arrivavano fino al 30 per cento del valore dei lavori affidati, minacciando di rescindere il contratto in caso di rifiuto ma anche pesanti ritorsioni come i controlli a sorpresa nel cantiere e il mancato saldo delle fatture anche se c’erano tutti i titoli per procedere. In un caso, sarebbe stato accertato che il responsabile di una delle imprese vessate avrebbe ceduto al ricatto, versando 80 mila euro che poi i due direttori si sarebbero spartiti, mentre due fratelli, titolari di una ditta specializzata nella posa di controsoffitti e cartongesso, avevano rispedito al mittente l’invito a corrispondere la mazzetta. «Mentre eravamo nell’ufficio di Cavallaro – avevano raccontato - ci disse che per proseguire il rapporto contrattuale, eravamo obbligati a pagargli in contanti delle somme extra, che non quantificò. Il suo discorso fu un po’ vago, con mezze frasi e allusioni, ma per me e mio fratello fu chiaro il messaggio: ci stava chiedendo una tangente, anche perché disse chiaramente che si trattava di soldi in nero. Con mio fratello ci siamo opposti e gli abbiamo detto che non accettavamo questa specie di ricatto, anzi a queste condizioni eravamo pure disposti a non lavorare più». Solo che dopo il loro no sarebbero cominciati i problemi: «Cavallaro fu costretto a non escluderci – avevano ancora messo a verbale i due fratelli – in quanto c’era la necessità di completarle i lavori quanto prima e, soprattutto, perché la nostra impresa aveva delle competenze specifiche per realizzare i controsoffitti previsti dal capitolato. Per questo motivo abbiamo continuato i lavori nella stazione marittima, anche se i rapporti con Cavallaro, dopo il nostro rifiuto di corrispondergli il denaro, erano nettamente cambiati in peggio. Lui era sempre molto scontroso nei nostri riguardi e non perdeva occasione per sollevare obiezioni». Tanto è vero che i pagamenti delle fatture emesse dalla società nei confronti della Socostramo «avvenivano con molto ritardo – aveva ricordato l’imprenditore -. Il primo bonifico ci arrivò numerosi mesi dopo l’ultimazione della tornitura, poiché Cavallaro si rifiutava di firmare la contabilità e ci impediva di emettere la fattura». Stessa sorte anche per la fornitura di un controsoffitto in legno, tanto da provocare uno slittamento nella consegna e nell’installazione del manufatto: «Cavallaro cercò di addebitarci delle penali, ma siamo riusciti a dimostrare che i ritardi erano una conseguenza dei ritardi dei pagamenti da parte di Socostramo». Un’ultima ritorsione sarebbe rappresentata dalla mancata sottoscrizione dello stato di avanzamento finale dei lavori realizzati: «Per diversi mesi abbiamo chiesto a Cavallaro di firmare – avevano continuano i due operatori economici - ma lui si rifiutava e non ci voleva nemmeno ricevere».

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