Quella sera, a Palermo, avrebbe voluto appartarsi al Foro Italico con Angelo Flores, il più grande dei sette ragazzi indagati per lo stupro e quello che avrebbe ripreso tutto con il telefonino, del quale era innamorata e con cui aveva già avuto rapporti sessuali. Non aveva pensato a nulla di male quando l’aveva invitata a bere alla Vucciria assieme ad alcuni amici, però si era messa in allarme durante il tragitto verso il cantiere abbandonato perché non era rimasta sola con lui ma c’erano anche gli altri sei ad accompagnarli. A quel punto aveva capito tutto, aveva cercato di chiedere aiuto ai passanti ma nessuno si sarebbe accorto delle sue occhiate disperate. Terrorizzata, non avrebbe nemmeno gridato per timore che potessero picchiarla e così era finita direttamente nelle grinfie dei suoi aggressori.
In nessun momento il sesso di gruppo sarebbe stato consensuale: la diciannovenne vittima della violenza sessuale, prima di essere esaminata nel contraddittorio, lo ha ribadito ieri in maniera decisa durante l’incidente probatorio, chiesto dalla Procura. Si tratta di un’anticipazione del dibattimento perché, nel caso in cui si dovesse andare al processo, la persona offesa non sarà tenuta a ripetere ancora una volta le sue dichiarazioni per evitare di rivivere in tribunale l’orrore che ha dovuto sopportare.
Giacca scura e camicetta a rombi, un look decisamente più sobrio rispetto ad altri mostrati sui social, la giovane è arrivata in Tribunale, entrando da una porte laterale, assieme al fidanzato: prima di cominciare ha trovato anche il tempo di pubblicare su Instagram l’ennesimo selfie scattato nel bagno del palazzo di giustizia mentre stava fumando una sigaretta. Poi è stata accompagnata dai carabinieri, che la seguono nei suoi spostamenti, nella stanza che di solito viene usata per la camera di consiglio, per l’occasione collegata audio e video con l’aula della corte d’assise. Il faccia a faccia è durato quasi sette ore in un ambiente protetto e a porte chiuse.
Da una parte il gip Clelia Maltese, la vittima dello stupro, che non poteva vedere i componenti del branco, e una psicologa, per assisterla durante il racconto dei drammatici momenti vissuti la notte del 7 luglio. Dalla parte opposta, invece, erano seduti tutti gli altri: il procuratore aggiunto Laura Vaccaro, i pm Mario Calabrese e Monica Guzzardi e gli avvocati difensori di Elio Arnao, Cristian Barone, Gabriele Di Trapani, Angelo Flores, Samuele La Grassa e Christian Maronia - sei dei sette indagati, attualmente reclusi in altrettante carceri siciliane - anche loro presenti all’udienza. Il settimo, Riccardo Parrinello, minorenne all’epoca del fattaccio, comparirà invece davanti al giudice dei minori.
Lucida, senza eccessi verbali, determinata, la diciannovenne - trasferita in una comunità del centro Italia dopo essere stata oggetto di minacce da parte dei parenti degli indagati - ha raccontato i fatti di quella notte: «Volevo stare con Angelo Flores, con gli altri sei non erano rapporti consensuali. Ero contraria e l’ho detto subito», ha riferito, confermando così la versione rilasciata ai carabinieri nelle ore successive alla notte degli abusi.
I sei hanno ascoltato in silenzio fino a quando la ragazza ha parlato dei calci: allora hanno reagito con gesti di insofferenza e il giudice li ha immediatamente ripresi, avvisandoli che sarebbero stati cacciati, nel caso in cui avessero proseguito con questo atteggiamento. La testimonianza ha però lasciato pochi margini di manovra alla difesa, che avrebbe invece voluto approfondire alcuni aspetti del passato della vittima, molti dei quali svelati da lei stessa sui social. Gli avvocati, avrebbero voluto chiederle perché in un video, postato tre giorni prima dello stupro al Foro Italico, sosteneva di essere stata violentata anche se non c’era nessuna denuncia. E se era vero che, nel recente passato, aveva fatto sesso con più persone contemporaneamente. Ma la giovane, infastidita dall’insistenza, avrebbe replicato ai legali a muso duro: «Ma quante domande fate?». A questo punto è intervenuto il gip che ha interrotto la discussione, motivando la sua decisione: «Questa incursione nella sfera privata non c'entra nulla con il processo».
La parola ora passa alla procura che probabilmente chiederà per tutti il giudizio immediato. Mossa a cui i difensori potrebbero rispondere con il rito abbreviato, per puntare sugli sconti di un terzo della pena, facendo così acquisire agli atti anche perizie e carte a sostegno della loro tesi, secondo la quale diciannovenne sarebbe poco credibile.
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