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Ex brigatisti non estradati, i familiari del poliziotto di Lercara contro lo Stato francese

Michele Granato fu assassinato a Roma nel '79. La sua famiglia ora si è rivolta alla Corte europea dei diritti dell’uomo per avere giustizia. Il ricorso riguarda in particolar modo la posizione dell’ex Br Roberta Cappelli

Una famiglia di Lercara Friddi, centro di seimila anime in provincia di Palermo, dichiara «guerra» allo Stato francese e la dottrina Mitterand. Lì vivono i fratelli e le sorelle di di Michele Granato, l’agente di polizia ucciso dalle Brigate Rosse il 9 novembre del 1979 a Roma. I parenti di una delle tante vittime degli Anni di piombo non hanno nessuna intenzione di chiudere un capitolo tragico della loro famiglia e alcune settimane fa hanno presentato ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Cedu).

Una iniziativa clamorosa, a distanza di 44 anni dai fatti, nata dopo la sentenza del 28 marzo 2023 con cui la Corte di Cassazione francese ha reso definitivo il diniego alla richiesta di estradizione presentata dallo Stato italiano il 28 gennaio 2020, nei confronti dei 10 terroristi italiani, riparati in Francia grazie alla «Mitterand». La dottrina prende il nome dall’allora presidente francese e venne introdotta a metà degli anni ‘80. Si tratta di uno strumento grazie al quale non è stata concessa negli anni l’estradizione a persone imputate o condannate, in particolare italiani, ricercati per «atti di natura violenta ma d’ispirazione politica», contro qualunque Stato, purché non diretti contro lo Stato francese, qualora i loro autori avessero rinunciato a ogni forma di violenza politica.

Il ricorso dei familiari di Granato, assistiti tra gli altri dall’avvocato Walter Biscotti, riguarda in particolar modo la posizione dell’ex Br, Roberta Cappelli. L’ex terrorista da anni è impegnata in Francia come insegnante di sostegno per i bambini disabili ed oggi ha 67 anni. In Italia è stata condannata all’ergastolo per l’omicidio di Granato, del generale dei carabinieri Enrico Galvaligi e del vice questore Sebastiano Vinci .

Granato fu freddato con numerosi colpi d’arma da fuoco in un agguato poi rivendicato dai brigatisti rossi. Il suo era un ruolo delicato: faceva, infatti, parte del nucleo di polizia giudiziaria in prima linea negli anni drammatici del terrorismo interno in Italia. Lavorava spesso in borghese e il suo compito era quello di avvicinare simpatizzanti o militanti dell’eversione. L’omicidio, secondo quanto poi ricostruito, si collocò nella «campagna» di morte delle Br che puntava a colpire appartenenti alle forze dell’ordine che lavoravano per fornire informazioni su possibili fiancheggiatori delle organizzazioni terroristiche.

«Il percorso sarà lungo - spiega Biscotti che ha redatto il ricorso assieme ai colleghi Andrea Mensi e Paolo Busco -, il primo passo sarà sulla ammissibilità del nostro ricorso ma l’importante era partire».

 

 

 

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