Sarebbero almeno due i video che inchiodano il branco di Palermo. Uno dei quali integrale e non parziale. Gli inquirenti avrebbero in mano le immagini che mostrerebbero tutta la sequenza dell’orrore avvenuta lo scorso 7 luglio all’interno del cantiere abbandonato del collettore fognario, al Foro Italico. Uno di questi video in particolare - estratto dal telefonino di Angelo Flores, il più anziano di tutti, con i suoi 22 anni, il cameraman della violenza di gruppo ai danni della diciannovenne - sarebbe stato utilizzato anche da Riccardo Parrinello. Lui, che era minorenne il 7 luglio e che per questo verrà giudicato dalla giustizia minorile, ha compiuto la maggiore età alla fine del mese scorso: giovedì è tornato al Malaspina perché, dopo avere ottenuto la scarcerazione e l’assegnazione a una comunità di recupero, non aveva rinunciato a mostrarsi macho, postando (illegalmente) video e frasi in cui manifestava il proprio non-pentimento, offerto invece al momento dell’interrogatorio di garanzia davanti al gip.
Il consulente dei pm ha documentato pure che, nell’immediatezza dei fatti del 7 luglio, Parrinello si vantava delle proprie «prodezze» nei confronti della ragazza. Non pago delle frasi choc scambiate con un amico, a cui raccontava per filo e per segno cosa avesse combinato quella notte, l’allora minorenne sarebbe pure presente in una serie di screenshot, tratti dal filmato, che lo ritrarrebbero mentre partecipava all’aggressione sessuale. Sulle immagini sarebbero impresse pure l’ora e il minutaggio dei suoi abusi. L’esperto nominato dalle due Procure, minorile e ordinaria, che si occupano del caso, ha dunque trovato il video completo dello stupro e da lì ha estratto «i fotogrammi relativi alle specifiche azioni violente di Parrinello».
In un primo momento la visione dei video (codici seriali finali, 614 e 453) realizzati da Flores, che incitava gli altri senza essere inquadrato, avevano consentito di identificare Elio Arnao, Christian Maronia, Samuele La Grassa, Gabriele Di Trapani e Riccardo Parrinello «nonostante i filmati - sottolineava il pm - siano parziali e di breve durata, e quindi non rappresentino l’intera evoluzione della violenza sessuale». Del resto, era stato lo stesso Flores, in una chat di WhatsApp con un amico recuperata prima del suo arresto, ad ammettere l’esistenza dei video della violenza e a spiegare di averli condivisi con altre persone: «L’abbiamo incontrata alla Vucciria con tutti gli amici miei ed è finita a schifo», raccontava al suo interlocutore che, incurante della sorte della ragazza, era preoccupato per gli stupratori e dava consigli: «Questa non è che spunta che l’avete stuprata. Infatti stai attento a questi video», diceva rivolto a Flores. «Ma infatti adesso li sto eliminando tutti, li sto mandando solo a chi li dovevo mandare e li elimino, perché non ne voglio sapere niente di questa storia», rispondeva il ventiduenne, che, davanti ai giudici, ha fatto il nome dei suoi complici, ammettendo di aver ripreso tutto ma negando di aver partecipato allo stupro.
Gli investigatori stanno accertando a chi Flores abbia mandato le immagini e quale sia stato il loro uso, cioè dovranno capire se la loro diffusione era limitata solo ai 7 indagati o se qualcuno li abbia poi girati a terzi soggetti che li hanno a loro volta pubblicati a pagamento in siti per adulti o attraverso piattaforme di messaggistica. Dove gruppi di decine di migliaia di persone hanno cercato di trovarli.
Nella foto il cantiere teatro della violenza di gruppo
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