Palermo

Domenica 12 Maggio 2024

Rocco Chinnici 40 anni dopo, a Palermo il ricordo dell'architetto della lotta alla mafia

«Dobbiamo seguire il percorso tracciato da Rocco Chinnici, bisogna raggiugnere una cooperazione internazionale per il contrasto alla criminalità organizzata sviluppando il pensiero di Chinnici che parla cooperazione e comunicazione». A parlare è Lia Sava, procuratrice generale della Corte d’appello di Palermo , nel giorno del 40esimo delle commemorazioni per l’uccisione del giudice istruttore Rocco Chinnici. Una memoria che parte, e non potrebbe altrimenti, da via Pipitone Federico 59, stabile in cui il magistrato abitava e dove il 29 luglio 1983 una Fiat 126 verde esplose togliendo la vita anche ai due agenti di scorta, il maresciallo dei carabinieri Mauro Trapassi e l’appuntato Salvatore Bartolotta, e al portiere dello stabile Stefano Li Sacchi. Memoria e nuove frontiere di azione contro la mafia si mescolano. A deporre la corona di alloro in onore ai caduti il sindaco Roberto Lagalla, il vicepresidente del consiglio e ministro degli esteri Antonio Tajani, il presidente della Regione Renato Schifani, il generale dei carabinieri Rosario Castello, prefetto Maria Teresa Cucinotta e i figli Giovanni e Caterina. La commozione è negli occhi di tutti, colleghi amici e familiari: fondamentale e raffinato architetto della lotta alla mafia, Chinnici viene ricordato da tutti come un esempio e un faro per le nuove e giovani generazioni, che in lui hanno visto il volto della legalità: «La prima volta che lo conobbi - racconta Giovanni Paparcuri, autista del giudice e unico sopravvissuto alla strage di via Pipitone Federico - stava andando a parlare con i ragazzi della scuola Umberto I: è stato un dialogo tra un padre e i suoi figli». Un tratto che viene evidenziato anceh da Giuseppe Ayala, pubblico ministero del maxi processo: «Sono stato un privilegiato - dice -, aveva chiesto che io e Alfredo Morvillo fossimo assegnati a lui. Ho avuto un grande maestro, con cui il rapporto poi è diventato quasi filiale da parte mia: Rocco aveva questo istinto paterno, quasi protettivo». Architetto raffinato della lotta alla mafia, la figlia Caterina ne ricorda le intuizioni che ancora oggi fanno scuola: «Quello che si è sviluppato dopo la morte di mio padre nasce da quello che ora chiamiamo metodo Chinnici - sottolinea la figlia - che ora è arrivato anche in Europa». «Lo stato c’è, colpisce e Riina e Provenzano hanno finito i loro giorni in Carcere. Stesso destino riservato anche a Matteo Messina Denaro - sottolinea Maurizio Gasparri, vice presidente del Senato -. Quando si dice che gli eroi dell’antimafia vivono, vivono in questi trionfi della legalità». Dopo il minuto di silenzio, il ministro degli Esteri è intervenuto con un discorso che ha ricordato il grande lavoro svolto dal giudice Chinnici: «Rocco Chinnici cominciò a coinvolgere l'opinione pubblica contro le cosche - ha detto - gli dobbiamo solo rendere omaggio e considerarlo sempre da esempio per i giovani. La malavita si sconfigge con l'esempio, insegnando alle bambine e ai bambini cosa significa stare dalla parte dello Stato». E poi puntualizza: «Il governo vuole continuare a battersi contro la criminalità, con la consapevolezza che non si tocca il 41-bis e non si fa alcuna marcia indietro nella lotta contro il crimine organizzato in Sicilia: gli italiani stanno dalla parte dello Stato, delle forze dell'Ordine e della magistratura».

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