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La retata antimafia a Palermo, nel mirino i soldi per i detenuti: così venivano consegnati ai familiari

Contestato per la prima volta in un'indagine contro i boss il reato di ricettazione. Sequestrati 1700 euro destinati ai carcerati

Blitz contro il clan di Porta Nuova

C'è un elemento che non ha precedenti in un'inchiesta per mafia e che caratterizza l'indagine della Dda di Palermo con 20 misure cautelari (7 in carcere). Gli inquirenti, infatti, hanno contestato il reato di ricettazione ad uno degli indagati il quale avrebbe destinato una parte dei soldi del clan al mantenimento della famiglia e del boss detenuto. E in conseguenza di questa accusa il gip ha anche disposto il sequestro preventivo delle somme, 1500 euro nei confronti di Salvatore Castello e 200 euro nei confronti di Rita Massa, entrambi indagati nell'inchiesta e destinatari della misura dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

Come si evince dalle carte dell'inchiesta, l'indagine della Dda ha fatto luce in particolare sul denaro che il clan recapitava a Giovanni Castello, fratello di Salvatore, arrestato il 12 luglio 2011 nell'ambito dell'operazione antimafia Hybris. Le intercettazioni hanno svelato che almeno fino al 4 marzo 2022, giorno in cui fu scarcerato, «abbia beneficiato di assistenza economica da parte dell'associazione mafiosa». I soldi a lui destinati sarebbero stati corrisposti al fratello Salvatore che avrebbe avuto il compito di consegnarli al familiare.

Da una conversazione intercettata il 31 gennaio 2022, secondo gli investigatori, emergerebbe chiaramente la dinamica dei fatti. In quella circostanza Francesco Mulè, storico boss di Porta Nuova, chiedeva a Giuseppe Mangiaracina, entrambi arrestati lo scorso dicembre in un'altra operazione antimafia, di rintracciare Salvatore Castello, così da fargli avere il denaro per il fratello. «Tu lo sai dov'è dal fratello di Giovannuzzu?». Pochi giorni dopo, Mangiaracina concordò un appuntamento per assolvere all'incarico.

Il 7 marzo, tre giorni dopo la scarcerazione di Giovanni Castello, Mulè tornò a informarsi sul trasferimento delle somme. «Glieli hai dati?». E Mangiaracina assicurò di aver svolto il compito e di aver incontrato Salvatore Castello. «Certo... No, io non l'ho visto, ho visto il fratello... perché è uscito l'indomani, capito?».

In un'altra conversazione intercettata il 4 giugno 2022, lo stesso Mulè si lamentava del fatto che Giovanni Castello, dopo la scarcerazione, non avesse preso parte all'attività dell'associazione mafiosa ma si fosse limitato a incassare il denaro. «Gli pare che c'è... lì, la banca?». Quello stesso giorno, Giuseppe Mangiaracina incontrò in un bar Giovanni Castello, chiedendogli se avesse ricevuto le somme previste. L'interlocutore rispose di aver incassato il denaro fino a maggio, ma non oltre. Due le mensilità, dunque, che avrebbe ricevuto, a febbraio e a marzo.

La ricettazione viene contestata anche nel trasferimento di denaro a Ivano Parrino, finito in carcere nell'operazione di questa mattina. In sostanza avrebbe beneficiato dell'assistenza del clan per il proprio mantenimento. Come si evince dalle carte dell'inchiesta, i soldi a lui destinati sarebbero stati corrisposti alla moglie Rita Massa, destinataria di un'ordinanza di presentazione alla polizia giudiziaria.

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