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Mafia, colpo al clan di Resuttana: il ruolo di Alerio dell'antica polleria Savoca

Appare evidente secondo il Gip l'appartenenza dell'imprenditore alla famiglia mafiosa di Resuttana

La sede della squadra mobile di Palermo

Tra gli arrestati della maxi operazione della polizia, denominata Resurrezione, che ha portato in carcere 18 persone c'è anche Benedetto Alerio, titolare della Antica polleria Savoca. Il provvedimento ha previsto il sequestro preventivo di due società che gestiscono l'attività di ristorazione. Si tratta di Almost Food e la Gbl Food che, da quanto emerge dall'ordinanza del Gip, sarebbero delle vere e proprie imprese mafiose, quindi gestite con capitali di cosa nostra. Un ruolo chiave era quello di Benedetto Alerio, titolare dell'Antica polleria Savoca che farebbe parte a pieno titolo dell'organizzazione criminale. Ciò si evince dalle intercettazioni e dai rapporti intercorsi con sodali della famiglia mafiosa di Resuttana e, in particolare, dalle conversazioni con il commercialista Giuseppe Mesia, anche lui fra i 18 arrestati. Con lui, parlando dell'acquisizione della gelateria "Gelato 2", Alerio sa degli affari di due colonie, ovvero della famiglia di Resuttana gestita dai Genova e dai Giannusa e quella dei Micalizzi di Partanna Mondello, in un dialogo che appare alquanto rivelatorio della sua posizione. Alerio ha un bagaglio di conoscenze di fatti riservati e un tale inserimento alle dinamiche associative che non possono non discendere da un'appartenenza al clan mafioso.

"Sussistono i presupposti normativi - scrive il gip accogliendo le richieste della Procura - per procedere al sequestro preventivo della Almost Food srls, della Gbl Food srls, e dei relativi esercizi commerciali ad insegna Antica Polleria Savoca dei F.lli Alerio poiché questi, al di là delle intestazioni formali, sono risultate essere nel controllo e nella disponibilità di Benedetto Alerio, del fratello Giuseppe, di Giuseppe Mesia e di Salvatore Genova. Alla luce delle risultanze può affermarsi che tali attività economiche siano totalmente controllate dalla famiglia mafiosa di Resuttana e dal suo capo (Genova) e, proprio in virtù di ciò abbiano trovato l'opportunità di espansione economica, mediante l'apertura di nuovi punti vendita, e la possibilità di imporre ai fornitori prezzi ritenuti più vantaggiosi e, ovviamente, godere della protezione mafiosa".

A proposito dell’insegna, c’è un punto fondamentale, nelle intercettazioni, che riguarda l’interesse di Genova nel mantenere il nome di antica polleria Savoca l’attività venduta ad Alerio, prima di proprietà della nota omonima famiglia. “A tal riguardo – si legge nell’ordinanza –, le attività di captazione permettevano di comprendere come, oltre interessarsi della apertura di un altro punto vendita ad insegna ‘Antica Polleria Savoca dei F.Ili Alerio’, sito in via Aquileia n. 76, Genova si premurasse anche assicurare che i negozi avviati potessero utilizzare la denominazione ‘Antica Polleria Savoca’ dunque l’insegna delle attività prima gestite dalla nota omonima famiglia”.

A rendere ancora più esplicita l'appartenenza di Alerio alla famiglia di Resuttana, l'assunzione di Salvatore Genova, con un contratto che lo legò alla ditta di ristorazione dal 9 agosto 2019 al 19 marzo 2020 ma la cui remunerazione proseguì anche dopo l'apparente licenziamento, come dimostrano le intercettazioni: “Mi danno...la settimanata... minchia... ogni volta... per darmi questa settimanata (ride)... minchia...”.

Nell’ordinanza si legge come, “ad ulteriore conferma di una situazione di totale cointeressenza affaristica tra il Mesia, Genova e Alerio si acquisiva l'1 giugno 2019, allorché proprio Alerio, conversando con il Mesia, si dispiaceva per non avere ancora potuto avviare un punto vendita a Mondello (Dico: non si può "incucchiari" (trovare ndr) un posticino a Mondello? Non è normale)”. Mesia, comprendendo l'allusione di Alerio, avrebbe affermato che Genova non avrebbe potuto fare affidamento sul fratello e sul nipote (Girolamo Genova e Bartolo Genova), per via dei dissidi dovuti alla restituzione delle somme rivendicate da Genova e quantificate in centomila euro (...Con suo nipote siamo già a cattivi discorsi ... Prima deve risolvere questo problema con suo fratello dei centomila euro). “Sul punto il Mesia – si legge ancora nell’ordinanza –, alla domanda di Alerio (Uh! E lo zio che dice?), rispondeva che Genova intendeva scannare il fratello perché non si era presentato al suo cospetto, evidentemente, per risolvere la vicenda del denaro di cui aveva reclamato la restituzione (Perché "iddu nun si prisintò"!)”.

"C'era pure il nostro sangue". L'intercettazione ambientale ha un altro forte valore indiziario sulla vicenda del bar Chantilly, gestito dalle due società, che è stato sottoposto a sequestro preventivo. Lo stesso era oggetto dell'interesse dei Genova in quanto c'erano anche capitali e sacrifici della famiglia di Resuttana.

Nell’ordinanza emerge anche una vicenda intimidatoria tra due famiglie. Il 20 febbraio del 2020, Benedeto Alerio avrebbe ricevuto una telefonata Marco Tirenna, cognato del noto capo mafia del mandamento di San Lorenzo-Tommaso Natale, Giulio Caporrimo. La telefonata, in realtà, dal tono apparentemente amichevole, sembrava nascondere una iniziativa intimidatoria. “Ed infatti – si legge nell’ordinanza –, benché Tirenna inizialmente si limitasse a proporre i servizi offerti della propria lavanderia in favore delle attività commerciali dell'Alerio, al rifiuto di quest'ultimo affermava: ‘Vedi che la carta è facile che fa combustione!’”. Emerge anche come nello stesso pomeriggio, Benedetto Alerio avesse subito informato della vicenda Genova, che si era molto indispettito per la non troppo velata minaccia fatta da Tirenna. Mesia, nel raccontare la vicenda alla moglie, avrebbe affermato di non avere timore di nessuno in ragione della sua qualità di affiliato mafioso e del diretto coinvolgimento nelle sue iniziative imprenditoriali di Salvatore Genova (..con iddu dentro ... già si devono spaventare loro di me...).

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