
Il commercialista Giuseppe Mesia, uno dei diciotto arrestati dell’operazione Resurrezione condotta dalla polizia e coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Palermo, era uno dei fedelissimi del reggente del mandamento di Resuttana Salvatore Genova, pure lui finito in cella. L’indagine anzi parte proprio da un episodio chiave, la scarcerazione di Genova, il 2 marzo del 2019.
Genova aveva già guidato il mandamento, uno tra quelli di maggior peso a Palermo anche per la storica alleanza fra i Madonia e Totò Riina. Fedelissimo dei Lo Piccolo, Genova viene arrestato nel gennaio del 2008 nell'ambito dell'operazione Addio Pizzo. E proprio le estorsioni sono al centro delle accuse nei suoi confronti, già allora, come adesso. Il 2 marzo del 2019 Genova lascia il carcere milanese di Opera e all'uscita dal penitenziario trova ad attenderlo proprio Mesia, che ha il compito di scortarlo fino in Sicilia, come accertano gli investigatori.
C'è poi una vicenda che vede di nuovo fianco a fianco Genova e Misia e che per gli inquirenti dimostra il permanere del vincolo mafioso di Genova dopo la ritrovata libertà. Si tratta della vendita dell'attività Gelato 2 di via Alcide De Gasperi, quando Genova, a poco più di un mese dalla scarcerazione, si dedica già alla cura degli interessi mafiosi, pur provando a mantenere un profilo basso e riservato per sfuggire all'attenzione degli inquirenti stessi. Dalle indagini emerge infatti come sia proprio lui ad autorizzare Mesia a mediare il prezzo della compravendita della gelateria, «che rivestiva - scrive il giudice per le indagini preliminari Fabio Pilato nell'ordinanza di custodia cautelare - l'interesse di Michele Micalizzi, reggente della famiglia mafiosa di Partanna Mondello (mandamento di San Lorenzo-Tommaso Natale)».
La valenza mafiosa della vicenda diventa evidente nel passaggio in cui Genova, dopo avere precisato di non essere disposto a «scambi di favori» ed avere individuato il prezzo della compravendita in settantacinquemila euro, afferma che, prima del pagamento, Mesia avrebbe dovuto riscuotere la cosiddetta «messa a posto», destinata alla cassa della famiglia mafiosa. Fissato il pezzo, il capomafia in una conversazione intercettata dalla polizia, avverte che «però...» e non fa in tempo a completare la frase che il commercialista lo precede: «Cinque devono restare "nta baciledda"!», ovvero nella bacinella, il termine con il quale i sodali del clan mafioso parlano del pizzo. «Sì, ma prima però!», aggiunge Salvo Genova. Altrimenti, niente compravendita. E Mesia conferma: «Prima, certo».
Nella foto Gelato 2 e, nel riquadro, Giuseppe Mesia
Caricamento commenti
Commenta la notizia