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«Manco dieci giorni», diceva Miccichè. E Di Ferro chiamava i Salamone: «Venite al locale, qui siamo dieci...»

L'inchiesta sullo spaccio di droga a Palermo. L'uomo politico e il ristoratore usavano un linguaggio in codice. Documentate circa trenta cessioni di cocaina all'ex presidente dell'Ars

L'ingresso laterale di Villa Zito

Sono una trentina le cessioni di droga che il ristoratore palermitano Mario Di Ferro, da oggi agli arresti domiciliari, avrebbe fatto in favore di Gianfranco Miccichè, ex senatore di Forza Italia ed ex presidente dell’Assemblea regionale siciliana, che non è indagato.

I due avrebbero usato un linguaggio in codice per parlare della vendita della cocaina: per indicare le dosi avrebbero fatto riferimento, ad esempio, al numero dei giorni in cui il politico si sarebbe dovuto recare fuori sede. Conversazioni che hanno subito insospettito gli inquirenti anche per l’inverosimiglianza delle frasi pronunciate. «Ma quanti giorni sono?», chiedeva Di Ferro nell’ambito di un discorso totalmente diverso. E il politico rispondeva: «va beh uno, che c... ne so poi io». In altri casi, invece, il politico faceva riferimento al cibo. «Che mi puoi portare da mangiare?», chiedeva. E Di Ferro: «Ci penso io».

Subito dopo avere parlato con l’esponente di Forza Italia (dell’acquisito dello stupefacente sostengono gli investigatori) Di Ferro chiamava i suoi fornitori, Gioachino e Salvatore Salamone, che nelle sue conversazioni con l’ex senatore indicava come «rappresentanti» e ordinava loro la droga, che puntualmente gli veniva recapitata. A riscontro della tesi dell’accusa, tra l’altro, c’è la corrispondenza tra le criptiche indicazioni relative alle dosi presenti nelle conversazioni tra Di Ferro e Miccichè e ciò che poi l’indagato riferiva al suo fornitore. «Senti, dovresti avvicinare da me al locale, ma siamo assai, qualche dieci, siamo dodici, una cosa di queste siamo», diceva Di Ferro a Salamone dopo avere saputo da Miccichè che sarebbe mancato «dieci» giorni.

Molte le foto che immortalano Gioacchino Salamone mentre arrivava al ristorante di Di Ferro dall’ingresso secondario o mentre passava una busta, attraverso una grata del cancello, al ristoratore. Alla consegna, secondo un modus operandi frequente, seguiva l’arrivo di Miccichè immortalato dal sistema di videosorveglianza mentre si presentava al locale, a volte entrando anche lui dall’ingresso secondario, a bordo dell’Audi col lampeggiante acceso. Per l’accusa l’ex senatore sarebbe andato a ritirare la cocaina.

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