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Uccise il marito col cianuro a Palermo, condannata a 30 anni: "Ha il figlio piccolo, resti a casa"

Sebastiano Rosella Musico morì il 22 gennaio 2019. Poco tempo dopo venne fuori che il decesso non era stato provocato da un infarto ma dal cianuro, che gli sarebbe stato somministrato dalla moglie nelle pietanze

Anche la Cassazione conferma che Loredana Graziano, condannata a 30 anni per l’omicidio del marito, il pizzaiolo Sebastiano Rosella Musico, può restare agli arresti domiciliari: e questo perchè ha un bambino piccolo da accudire. I supremi giudici hanno così respinto il ricorso presentato dalla Procura generale di Palermo contro la decisione del tribunale del riesame, che aveva già concesso alla donna, nonostante la gravissima accusa per la quale è stata ritenuta colpevole in primo e secondo grado, di stare a casa anzichè in cella.

Era stata la parte civile, dopo la decisione del riesame del febbraio scorso, a sollecitare il ricorso del pg: il 30 gennaio la corte d’assise d’appello aveva confermato la condanna a 30 anni ma poco più di una settimana dopo, l’8 febbraio, il riesame aveva accolto il ricorso dell’avvocato Vincenzo Lo Re sul piano cautelare. In sostanza c'era stato un primo annullamento sul punto, da parte della Cassazione, e soprattutto il collegio presieduto da Angelo Pellino, che aveva condannato la Graziano, non aveva spiegato a sufficienza quali fossero le ragioni eccezionali e attuali che l’avevano indotto a mantenere la custodia in carcere, costringendo il bimbo - all’epoca di diciotto mesi - a rimanere con la mamma in cella.

Sebastiano Rosella Musico era morto il 22 gennaio 2019. Poco tempo dopo era venuto fuori che il decesso non era stato provocato da un infarto, come si era pensato in un primo momento, ma dal cianuro, che gli sarebbe stato somministrato dalla moglie nelle pietanze.

L'ira dei familiari

«Non c'è rispetto per il nostro dolore. Ci sentiamo traditi da una decisione che riapre una ferita dolorosissima», dicono Domenico e Maria Concetta Rosella Musico, fratelli di Sebastiano, contestando la decisione della Cassazione. «L'imputata - riprendono  - aveva già avuto la possibilità di andare a vivere con il proprio figlio in una casa famiglia nei pressi di Avellino, ma incredibilmente ha rifiutato questa scomoda alternativa perchè lontana da casa. Ora le viene accordato il capriccio di tornare ai domiciliari per vivere comodamente dopo il gravissimo delitto che ha consumato. E’ una grandissima ingiustizia».

Aggiungono i legali di parte civile, gli avvocati Salvatore Sansone e Provvidenza Di Lisi: «Non nascondiamo una grande delusione. Nel confermare la condanna a 30 anni - scrivono in una nota - la corte d’assise d’appello aveva respinto la richiesta di sostituzione della misura cautelare, evidenziando la persistenza della pericolosità dell’imputata. Ora la decisione della Corte di Cassazione interviene su temi che la difesa della parte civile ha vibratamente contestato e che sono stati pienamente condivisi nell’atto di impugnazione della Procura generale di Palermo avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame. Valuteremo - concludono Sansone e Di Lisi - ogni ulteriore iniziativa da prendere dopo aver letto la parte motiva di quanto disposto dai supremi giudici».

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