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Buttafuori imposti alle discoteche di Palermo, condannati il boss Mulè e suo cognato Di Grazia

Pene confermate in Appello, l'esponente di spicco del clan di Porta Nuova «sistemò» il parente in un locale

Al processo Octopus, sulla gestione dei buttafuori da parte di Cosa nostra, la quarta sezione della Corte di Appello di Palermo ha confermato le condanne a 6 anni nei confronti del boss Massimo Mulè e a 5 anni e 4 mesi per Vincenzo Di Grazia. La sentenza di primo grado era stata emessa alla fine del 2021 dal Gup del tribunale Donata Di Sarno. Secondo la ricostruzione della Procura, accolta dal giudice di primo grado e ora anche dal collegio presieduto da Vittorio Anania, la mafia avrebbe gestito l’organizzazione dei buttafuori nei locali e per le feste private che lì si tenevano. Questo sarebbe avvenuto nelle discoteche e nei locali della città e della provincia, dove sarebbero stati imposti pure buttafuori abusivi.

Massimo Mulè e Vincenzo Di Grazia sono cognati e il primo, attraverso un altro imputato giudicato separatamente, Andrea Catalano, «sistemò» Di Grazia in un locale, anche se l’uomo era considerato «un cretino» dagli stessi amici, così come risulta dalle intercettazioni. Mulè e Di Grazia erano stati arrestati dai carabinieri nell’ambito del blitz Octopus, a settembre del 2019.

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