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Milano ricorda Falcone e il filo rosso di sangue che collega Capaci a via Palestro

Anna Scavuzzo, vicesindaco di Milano

Nel trentunesimo anniversario della strage di Capaci, Milano ricorda il magistrato Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, anche lei magistrato, e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Alla cerimonia organizzata da Libera con il Comune di Milano e le scuole della città, che come da tradizione si tiene ai giardini dedicati a Falcone e Borsellino di fronte al liceo Volta, hanno partecipato il vicesindaco di Milano Anna Scavuzzo, il sostituto procuratore della Dda di Milano Alessandra Cerreti, il comandante provinciale dei vigili del fuoco Nicola Micele, il prefetto Renato Saccone, il questore Giuseppe Petronzi, rappresentanze delle scuole e delle associazioni milanesi.

Dopo i discorsi delle istituzioni e gli interventi degli studenti, alle 17.58 - orario dell’esplosione della bomba che il 23 maggio 1992 sventrò l’autostrada tra Palermo e Trapani all’altezza di Capaci - è risuonata la sirena dei vigili del fuoco della vicina caserma. «Milano - ha detto il vicesindaci Scavuzzo - continua a impegnarsi nella lotta alla mafia perché la cultura antimafiosa sia più forte di quella mafiosa». Nelle sue parole il ricordo della strage di via Palestro con cui Cosa nostra colpì Milano trent'anni fa, distruggendo il Padiglione d’Arte Contemporanea e uccidendo cinque persone: «La mafia è povertà e ignoranza, non a caso a Milano è stato colpito un museo, non a caso la risposta è sempre arrivata forte dalle scuole. Ancora una volta, se vogliamo sconfiggere povertà e ignoranza dobbiamo creare ricchezza positiva lavorando per uno sviluppo economico sano».

Per le celebrazioni del trentennale di via Palestro, ha spiegato Micele, «con il Comune, Libera e il Pac stiamo già lavorando ad una serie di eventi. Al Pac ci sarà una mostra fotografica, il camion di quella sera sarà esposto nel cortile del Pac e al Castello Sforzesco faremo una serata di testimonianze. La mattina invece celebreremo la data in maniera solenne e la sera ci raccoglieremo in via Palestro con la sirena del nostro camion che suonerà alle 23.14». Il comandante ricorda i "suoi" uomini, vittime di quell'autobomba: «In questi casi si suol dire che si fossero trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato. Invece a me piace pensare che quei colleghi stavano facendo il loro lavoro di servitori dello Stato affrontando un rischio nascosto che per loro è stato letale».

Da Cerreti, immancabile, l’invito a raccogliere l’eredità di Falcone: «Abbiamo fatto grandi passi avanti nel contrasto alla criminalità mafiosa grazie soprattutto a quello che Falcone ci ha insegnato. La sua eredità è un fardello molto pesante da portare ma è bellissimo e si chiama rigore morale. Andate avanti senza esitazioni - ha detto agli studenti presenti - ma evitando sotterfugi e vie traverse, questo è l’esempio di Falcone e l’unico modo in cui con i fatti possiamo onorare la sua eredità». Anche per Nando dalla Chiesa, docente universitario e studioso di criminalità organizzata, rigore è la parola chiave: «Giovanni Falcone si muoveva dentro tessuti di cultura e di relazioni mafiose, diceva che i magistrati avrebbero dovuto avere un rigore morale professionale adeguato al pericolo che stanno affrontando in nome del paese. Lui ha cercato di averlo e penso che tutti gli dovrebbero essere riconoscente. Il metodo Falcone senza rigore morale non esiste».

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