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Nella scuola dello Zen al lavoro gli ispettori del ministero, i tre arrestati in silenzio col giudice

Un fermo immagine dal video diffuso dai carabinieri sull'indagine condotta nella scuola dello Zen

Giovedì 27 aprile 2023: arrivano alle 10, accompagnati dai carabinieri, al secondo piano del nuovo palazzo di giustizia di Palermo: la preside Daniela Lo Verde precede di qualche passo il suo vice, Daniele Agosta. I due dirigenti scolastici, dopo qualche minuto, davanti al gip e al sostituto Gery Ferrara della Procura Europea - che ha condotto l’inchiesta-choc con Amelia Luise - si avvarranno della facoltà di non rispondere. Dalla scuola dello Zen agli arresti domiciliari con le accuse di corruzione e peculato, relative alla gestione dei fondi europei destinati ai progetti per gli studenti della scuola intitolata a Giovanni Falcone, la parabola della Lo Verde e di Agosta è fotografata dal loro lento incedere verso l’aula 20, con i polsi chiusi dalle manette, coperti da una lunga sciarpa nera nel caso della preside e da un giubbotto blu nel caso del suo vice. «Le manette potete toglierle», dice il pm Ferrara ai carabinieri guardando i due indagati.

A pochi passi, la terza persona sotto inchiesta, Alessandra Conigliaro, dipendente di un negozio di prodotti Apple: lei avrebbe regalato alla preside alcuni telefonini iPhone in cambio della fornitura alla scuola, in esclusiva, di tablet e pc; e anche lei si è avvalsa della facoltà di non rispondere.

«Sia la preside sia il vicepreside - dice l’avvocato Ninni Reina, pochi minuti dopo l’interrogatorio di garanzia davanti al gip Elisabetta Stampacchia - si sono avvalsi della facoltà di non rispondere anche perché c’è la necessità di approfondire l’investigazione preliminare. Però è certo che non si sottrarranno al confronto con il pm procedente», spiega Reina, che assiste Agosta con il collega Vito Passalacqua. In altre parole, come spiega il legale, risponderanno alle contestazioni nel momento in cui la Procura europea «avrà degli elementi per formalizzare specifiche accuse rispetto a quelle che sono provvisoriamente contestate, e da parte nostra per un accesso ponderato e approfondito di tutto il materiale probatorio».

La strategia processuale di Reina e di Passalacqua prevede ovviamente un eventuale ricorso al Tribunale del Riesame: «Ci stiamo per ora riservando e stiamo lavorando per verificare l’opportunità di procedere anche con una richiesta di riesame al tribunale competente». Sulla stessa linea la difesa della Conigliaro, assistita dall’avvocato Cristiano Galfano: ci sono atti voluminosi da consultare e non è escluso che verrà chiesto un nuovo interrogatorio.

Al momento, agli atti dell’inchiesta - nata grazie alla denuncia di una docente che non voleva essere complice delle prassi illecite che vengono contestate dalla Procura europea e dai carabinieri del Nucleo investigativo - ci sono le intercettazioni della preside, nominata cavaliere della Repubblica per le sue iniziative sociali, gli atti e le fatture manipolate. Il quadro che emerge è quello di un sistema criminale messo su dalla Lo Verde e da chi le stava accanto: la preside si sarebbe impossessata anche dei generi alimentari della mensa scolastica acquistati con i fondi europei, e avrebbe tenuto per sé e le sue figlie tablet e computer portatili che sarebbero dovuti andare alla scuola.

Sono intanto al lavoro anche gli ispettori del ministero dell'Istruzione e del Merito: devono passare al setaccio tutti i progetti gestiti dalla preside e che coinvolgono l’istituto. L’indagine della Procura europea ha infatti svelato che la Lo Verde era interessata a una serie di iniziative che non possono eludere un controllo: bisognerà capire se siano state approvate sulla base di documentazione regolare e se nel loro svolgimento tutto sia andato in modo trasparente. L’accusa dei pm europei alla Lo Verde e al suo vice Agosta, infatti, ha svelato una gestione illecita dei progetti europei. Ma, a leggere tra le righe, pare non sia finita qui.

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