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Il mistero della morte del maresciallo Lombardo, gli esperti sicuri: «Scoperti il contesto e i responsabili»

Il maresciallo Antonino Lombardo

Il pool di esperti, che si occupano delle indagini difensive sul caso del maresciallo Antonino Lombardo - trovato morto il 4 marzo del 1995 nella sua auto all’interno della caserma Bonsignore di Palermo, oggi dedicata a Carlo Alberto Dalla Chiesa e sede del Comando Legione carabinieri - avrebbe fatto luce su quel che accadde, ribadendo la tesi dell’omicidio e sostenendo di conoscere i motivi per i quali la presunta esecuzione sarebbe stata ordinata. Lombardo, a lungo comandante della stazione dell’Arma di Terrasini, era passato da circa un anno al Ros.

Sulla vicenda c’è un gruppo di lavoro, intitolato al magistrato Rocco Chinnici, formato dall’avvocato Salvatore Traina, difensore della famiglia del maresciallo Antonino Lombardo, che non ha mai creduto alla tesi del suicidio, e dagli avvocati Giada Traina, Dario D’Agostino e Manuela Gargano. Del team fanno parte poi la grafologa Valentina Pierro, il consulente balistico Gianfranco Guccia, il giornalista Roberto Greco, il maresciallo maggiore Salvatore Cassarà e lo scrittore e regista Aldo Sarullo, testimone - in studio - dell’attacco a Lombardo durante la trasmissione di Raitre Tempo Reale, fatto da Leoluca Orlando e Manlio Mele, allora sindaci di Palermo e Terrasini.

«Abbiamo individuato i possibili responsabili dell’omicidio - ha detto Salvatore Traina - e anche il movente, ben diverso da quello finora ipotizzato al fine di depistare le indagini. Manterremo il massimo riserbo anche sulle ispezioni e sopralluoghi che si svolgeranno prossimamente. Ci auguriamo che divengano presto note le verità sulle stragi e gli omicidi, strettamente connessi, di quel triste periodo. Speriamo pure che i responsabili paghino».

Fu del maresciallo Lombardo l’indicazione decisiva che permise al Ros di catturare Totò Riina, ma per questa intuizione non ricevette alcun riconoscimento. Anzi il sottufficiale non venne nemmeno difeso dopo che Orlando e Mele avevano insinuato che fosse colluso con la mafia.

Con i suoi contatti sul territorio, Lombardo era diventato l’unico carabiniere con cui il boss di Cinisi Tano Badalamenti, allora in prigione negli Usa e lì morto nel 2004, era disposto a parlare, tanto che il mafioso aveva chiesto di essere scortato proprio da lui in occasione del suo rientro in Italia per testimoniare al processo Andreotti: un viaggio che però non si fece mai perché pochi giorni prima della possibile partenza, il maresciallo era stato preso di mira in televisione. Secondo la versione ufficiale furono quelle accuse pesantissime che lo spinsero a suicidarsi, a 49 anni, con un colpo di pistola alla tempia. Una vicenda mai del tutto chiarita, che però ora potrebbe essere arrivata a una svolta.

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