La polizia su proposta congiunta del procuratore del questore di Palermo, ha dato esecuzione al decreto del Tribunale di Palermo - Sezione Misure di Prevenzione, con il quale ha disposto nei confronti di Giuseppe Sansone, di 72 anni, il sequestro di un’impresa edile di proprietà di un congiunto. L'azienda si trova a Palermo, in zona Uditore. Sequestrati anche diversi rapporti finanziari intestati a Sansone e ai suoi familiari, per un valore di circa un milione di euro.
In una nota la questura sottolinea che la caratura criminale di Sansone, al momento detenuto, in qualità di esponente di spicco della famiglia mafiosa di Uditore, storicamente inserita nel mandamento mafioso di Passo di Rigano-Boccadifalco, emerge sin dagli anni Novanta, quando lo stesso è stato destinatario della sentenza irrevocabile di condanna per il reato di associazione di stampo mafioso. In particolare, la questura ricorda il suo ruolo di soggetto stabilmente inserito nel sistema di spartizione degli appalti di Cosa nostra, nonché quello di uomo di fiducia del boss Totò Riina, per il quale si è messo a disposizione durante la sua latitanza, anche come autista. Infatti, spiega la polizia, in seguito alla cattura di Riina, nel gennaio del 1993, durante la perquisizione effettuata all’interno dell’abitazione presso la quale lo stesso ha trascorso l’ultimo periodo di latitanza, sono stati ritrovati appunti manoscritti con riferimenti anche ad altri membri della famiglia di Sansone.
«L’indiscussa pericolosità di Giuseppe Sansone - scrive in una nota la questura - è stata sancita negli anni Novanta anche dal decreto di applicazione nei suoi confronti della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno per 4 anni, nonché della confisca di beni, emessa anche nei confronti del fratello Gaetano, essendo stato riconosciuto come l’attività imprenditoriale dei due fratelli fosse funzionalmente collegata a manifestazioni di condizionamento mafioso per l’aggiudicazione dei pubblici appalti».
Il ruolo operativo di Giuseppe Sansone emerge dalle indagini passate come da quelle recenti, a testimonianza della sua influenza imprenditoriale esercitata con continuità dagli anni Ottanta e Novanta fino ad oggi, caratterizzata dall’utilizzo della forza intimidatrice esercitata da Cosa nostra nel campo degli affari, in particolare nel campo dell’edilizia. La società sequestrata oggi, 20 febbraio, costituita nel 2006 da Giuseppe Sansone assieme alla moglie, nel 2008 è stata trasferita ad un congiunto, nonostante lo stesso non disponesse dei redditi sufficienti per fare fronte all’investimento necessario per l’acquisto delle quote della società stessa. Le intercettazioni telefoniche hanno consentito di accertare che, anche dopo la cessione dell’azienda, la gestione di fatto è rimasta pienamente in capo a Sansone, il quale ha continuato ad occuparsi di procacciare lavori alla società, di decidere in ordine all’acquisto dei beni strumentali e all’assunzione degli operai, nonché di curare i rapporti con i clienti ed i fornitori.
L’Ufficio Misure di prevenzione patrimoniali della questura di Palermo ha avviato le indagini che hanno permesso di individuare i beni oggetto del sequestro, formalmente intestati ai familiari, ma di fatto riconducibili a Sansone, che, in virtù della sua posizione di spicco all’interno di Cosa nostra, ha potuto investire ingenti capitali, frutto di illecita provenienza, per l’acquisizione di tali beni.
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