Un ruolo di assoluto rilievo, quello della famiglia di Rocca Mezzomonreale, tanto da meritare di essere invitati nella tavola dei grandi per tessere alleanze con tutti, ma proprio tutti. Anche con il boss dei boss, Matteo Messina Denaro.
Per meglio chiarire il complessivo contesto nel quale si collocano le vicende e i singoli protagonismi dell'operazione compiuta dai carabinieri, con i sette arresti compiuti dal Nucleo Investigativo di Palermo, occorre evidenziare che, come rappresentato dall’Ufficio di Procura, “le indagini si sono appuntate sulla ricostruzione di alcune vicende di carattere economico, che però hanno costituito soltanto lo spunto e l’occasione per una più vasta rilettura di alcuni equilibri interni alla famiglia mafiosa di Rocca Mezzomonreale, radicata su un’area di difficile penetrazione investigativa costituita da porzioni di territorio cittadino alternate a spazi rurali caratterizzati da ruderi con annessi terreni e storicamente rappresentata dai membri della famiglia Badagliacca.
Il ruolo di capofamiglia sarebbe esercitato ormai dal lontano 1982 da Pietro affiancato nella gestione del consesso mafioso dal figlio Angelo (51 anni) e dal nipote Gioacchino (figlio del più noto Gaetano, deceduto nel 2020 per cause naturali), tutti definitivamente già condannati per il reato di associazione a delinquere di tipo mafioso. È infatti la ricostruzione processuale delle vicende dei Badagliacca, insieme alle ammissioni stesse degli indagati nel corso dell’attività captativa, a dare conto di questa strutturazione della famiglia mafiosa.
A tal proposito l’esistenza della famiglia mafiosa di Rocca Mezzomonreale ed il suo inserimento nel mandamento di Pagliarelli, come anticipato, erano stati già accertati mediante una sentenza del 2008.
Nel corso di quel procedimento, inoltre, era stato documentato il ruolo di assoluto rilievo assunto nella famiglia della Rocca dall’attuale indagato Pietro Badagliacca, già allora riconosciuto come persona molto stimata e rispettata negli ambienti di vertice dell’intera organizzazione mafiosa, al punto che lo stesso capomandamento Antonino Rotolo aveva pensato a lui “per tessere le alleanze con i capi dei mandamenti del territorio trapanese e con lo stesso Matteo Messina, il boss latitante per 30 anni e arrestat il 16 gennaio scorso a Palermo.
Di ciò era prova il contenuto di una conversazione ritenuta dagli inquirenti di "straordinario valore investigativo" intercettata all’interno di un box, nel corso della quale Rotolo aveva riferito di aver ordinato al Badagliacca: “Allora tieni i contatti, anzi a me servono favori là … che là ci sono tutti i latitanti…”, proprio facendo riferimento al mandamento di Castelvetrano, in cui Pietro stava scontando la misura di sicurezza dell’obbligo di dimora nel comune di Castellammare del Golfo.
A questo delicato ruolo svolto per conto dell’organizzazione mafiosa da parte di Pietro era rimasto estraneo il figlio – anch’egli odierno indagato – Angelo; in quella stessa sede processuale, infatti, era stato valorizzato, al fine di dimostrare l’importante ruolo partecipativo anche di quest’ultimo nella famiglia della Rocca, il contenuto di un'altra conversazione intercettata.
In quell’occasione infatti Angelo Badagliacca aveva parlato con Antonino Rotolo, in favore del quale si era posto da tramite per conto del padre Pietro, consentendo tal modo a quest’ultimo di veicolare al capomandamento mediante un canale confidenziale e sicuro le notizie riguardanti i numerosi latitanti presenti in quella zona."Io intanto prendo i pizzini, tanti saluti da papà… "Come sta?, risponde Rotolo. Badagliacca continua: "Bene, dice intanto che ha parlato con quello di Trapani per … eeeeee…..Rotolo: "Ma per parlare con Matteo direttamente?”.
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