«Andrea era un mio amico, avevamo chiesto ai responsabili del casinò di accordarci la stessa destinazione, saremmo andati ad abitare assieme a Nino nella casa di Thornaby-on-Tees, nella contea del North Yorkshire, la stessa in cui è avvenuto il duplice omicidio. Poi decisero in un altro modo, non se ne fece più nulla, ci separarono e ci siamo persi di vista. Mi chiedo cosa sarebbe successo se ci fossi stato anche io con loro». A raccontare la storia, visibilmente emozionato, è uno dei ragazzi che hanno frequentato nel 2019 il corso di croupier con Nino Calabrò, il ventiseienne di Barcellona Pozzo di Gotto ucciso in Inghilterra assieme a Francesca Di Dio, la fidanzata di 20 anni, che era andata a trovarlo nell’appartamento dove viveva anche il palermitano Andrea Cardinale, 21 anni, accusato di essere l’autore del duplice omicidio.
Ieri il presunto assassino è comparso in videocollegamento davanti alla Teesside Crown Court: capelli scuri, barba e tuta grigia da carcerato, durante la breve udienza ha parlato solo per confermare il suo nome. Il giudice, che non ha rivelato alcun particolare su quanto accaduto, oltre a confermare la custodia in cella dell’imputato, ha aggiornato il processo al 23 gennaio, tenendo a precisare che la prossima volta «Cardinale si presenterà in aula con i propri rappresentanti legali».
Prima di arrivare in Inghilterra, il giovane aveva trascorso parte della sua adolescenza a Zanano di Sarezzo, in Valtrompia, una frazione di Brescia, mentre nella vicina Gardone si era diplomato tre anni fa nel liceo delle scienze applicate Carlo Beretta. Appassionato di rugby, conclusi gli studi, Cardinale era tornato a vivere in città e poi era ripartito per Thornaby. E oggi i 15 colleghi con cui aveva condiviso il corso per croupier lo descrivono «come un tipo strano, forse con qualche problema familiare, però mai e poi mai avremmo creduto che potesse compiere un gesto del genere».
Dopo la notizia del duplice omicidio di Nino e Francesca, massacrati a colpi di martello o forse con una mazza da baseball, i dubbi si insinuano soprattutto in chi ha conosciuto Andrea più da vicino. Come il compagno di corso di Calabrò che, qualche volta, ha addirittura ospitato Cardinale a casa sua, in una delle pause delle lezioni: «Non so se è stato lui a commettere quei due delitti atroci - spiega -. Si vedeva che provava rabbia, ma in tanti hanno questo atteggiamento, soprattutto se hanno difficoltà. Mi aveva confidato che aveva problemi, ma chi non li ha? A posteriori, però, c’erano due campanelli d’allarme. Il primo era il modo in cui parlava delle ragazze, le apostrofava con parolacce, le chiamava tr..., insomma le considerava come oggetti sessuali. Di Nino, invece, diceva che era poco intelligente, ma pensavo che fossero solo comportamenti da ragazzo immaturo. Non riesco a darmi pace, forse avrei potuto dire o fare qualcosa in più. Nino era una bella persona, ottimista, sempre con il sorriso sulle labbra, uno che sdrammatizzava ogni situazione: mi resta un grandissimo dispiacere».
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