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Giardinello, tra i coinvolti l'ex finanziere Ciuro condannato per le talpe in procura

L’ex maresciallo della Guardia di Finanza in servizio alla Dia Giuseppe Ciuro, coinvolto oggi nell’indagine per corruzione a carico dell’ex sindaco di Giardinello De Luca, e in passato condannato a 4 anni e 8 mesi per favoreggiamento alla mafia e al pagamento di 200 mila euro per le spese processuali e il mantenimento in carcere, chiese e ottenne dal tribunale di sorveglianza di non pagare la somma sostenendo di non avere le disponibilità economiche. La vicenda è entrata nell’inchiesta sul sindaco.

Secondo gli inquirenti, per non saldare il suo debito con lo Stato Ciuro avrebbe dichiarato di essere indigente e a tal fine avrebbe chiesto la residenza nel Comune di Giardinello utilizzando una abitazione del padre del sindaco per dimostrare di non avere un immobile di proprietà e per costituire u nuovo nucleo familiare a reddito zero. Ma la vicenda insospettì i carabinieri che aprirono una indagine accertando che l’abitazione indicata da Giuro come sua residenza era in realtà vuota. Il 15 gennaio del 2020 l’ex maresciallo della finanza, come si legge nell’ordinanza del gip di Palermo Cristina Lo Bue, pur se non convocato, si presentò ai carabinieri della stazione di Montelepre raccontando che si stava separando dalla moglie e che saltuariamente occupava l’immobile di Giardinello che era, però, fatiscente.

Ciuro disse di vivere a Palermo presso l’abitazione della nuova compagna, fornendo per eventuali comunicazioni l’indirizzo dello studio dell’avvocato ed ex pm Antonio Ingroia a Roma dove, a suo dire, svolgeva l’attività di collaboratore. Ingroia e Ciuro si conoscono da anni: l’ex maresciallo lavorava in Procura con l’ex magistrato. Ai militari, inoltre, Ciuro disse ancora di aver scelto Giardinello come comune di residenza perché lì aveva amici e conoscenti. Un ufficiale dei carabinieri l’indomani sera lo vide in pizzeria con il sindaco, con l’avvocato Antonio Ingroia e con un terzo soggetto non identificato. Il cambio di residenza, secondo l’accusa, sarebbe avvenuto in modo non corretto e sarebbe stato sollecitato al telefono dallo stesso sindaco. Lo ha confermato l’agente della polizia municipale Corrado Lo Piccolo, anche lui indagato. «Siamo amici - ha raccontato - e proprio per questo sono stato sorpreso del fatto che mi abbia indotto ad eseguire un falso accertamento, cosa che io avevo intuito, ma su cui lui mi ha detto di stare tranquillo e non preoccuparmi».

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