«Le richieste che sono pervenute alla scuola sono state 41. Io non possono escludere nessuno, i bambini hanno tutti lo stesso diritto di poter usufruire dello scuolabus». A parlare è la preside del istituto comprensivo Vittorio Emanuele III di Palermo, Tiziana Dino, dopo che nei giorni scorsi si erano sollevate delle critiche da parte di alcune famiglie sul servizio reso dal Comune.
Da alcuni anni, infatti, la scuola (che si trova nella zona di via Paruta) permette ai genitori di potersi avvalere di un aiuto per poter accompagnare e riprendere i figli. Un aiuto importante, considerato che l’istituto raccoglie iscrizioni anche da Villagrazia o Altofonte. Tutto sembrava andare liscio anche quest’anno finché le richieste non sono aumentate: l’Amat, l’azienda partecipata che eroga il servizio, ha dovuto sostituire il mezzo con cui trasportare i 41 alunni totali che avevano fatto richiesta di adesione al servizio. Da qui il disagio: dall’azienda, infatti, hanno fatto sapere che il nuovo mezzo - logicamente più grande - non avrebbe l’autorizzazione alla sicurezza all’esercizio per il percorso nei quartieri di Villagrazia e Falsomiele.
L’assessorato comunale alla Pubblica istruzione ha quindi deciso di modificare l’itinerario con un secondo percorso non molto gradito ad alcune famiglie, che si sono viste tagliate fuori data la grande scomodità che questo comporta. Questo ha creato alcune frizioni tra le famiglie e la dirigente scolastica: «Io accolgo le richieste, ma non è la scuola che poi decide e sceglie l’itinerario e il mezzo - spiega la preside -. È il Comune che prende questo tipo di decisioni. Per me tutti gli alunni e le famiglie sono uguali e se fanno richiesta io la accolgo».
Adesso, sono 30 la famiglie che usufruiscono del servizio. Le rimanentesi 11 hanno dato disdetta e chiesto il risarcimento della quota che era stata già pagata al momento della presentazione del primo itinerario. «L’istituto ha mancato di progettualità - si legge in una lettera inviata alla scuola dai genitori- e capacità organizzativa, perché ampliando il numero degli alunni non ha preso in considerazione le conseguenze. A sua volta - proseguono le famiglie - il Comune e l’Amat, nonostante i nostri solleciti e la nostra richiesta di aiuto, sono rimasti silenti, distanti e consenzienti».
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