Palermo

Venerdì 22 Novembre 2024

Pista mafiosa sull'omicidio di Palermo, le urla del figlio: «Murìu me patri»

«Muriù me patri.... murìu me patri... murìu me patri»: Salvo Incontrera urla e piange, urla e piange, urla e piange tre volte mentre si abbraccia ad un amico che ha un negozio in zona e che conosce da anni. Sono le 12,50, è appena sceso da uno scooter che si ferma davanti casa, al civico 9 di via Cipressi, a Palermo. Ha una t-shirt gialla, gli occhiali con le lenti fumè, la barba lunga, e urla tutta la sua disperazione mentre si aggrappa stravolto dal dolore al suo amico che lo sorregge. Nel marciapiedi di fronte, un uomo sulla settantina si appoggia ad una stampella e si asciuga una lacrima che scende. Tutti, nel dedalo di strade del quartiere della Zisa, a pochi passi da via Colonna Rotta e Re Federico, in questi giorni piene di bandierine rosa e nere per i successi del Palermo calcio, conoscevano Incontrera: disoccupato, percettore di reddito di cittadinanza, una parentela acquisita che lo porta a sfiorare i grandi giri mafiosi, era un abitudinario: la mattina era solito prendere un caffè nel bar che fa angolo con via Imperatrice Costanza, salutava i tanti amici della zona, e poi via a bordo della bicicletta elettrica. La vita del quartiere scandita da tanti incontri, anche se c’è chi lo descrive come una persona umorale, che a volte non salutava neppure anche se incontrava una persona conoscente. I magistrati della Dda e i carabinieri non hanno avuto molte difficoltà a collegare il nome di Incontrera con le storie di mafia che fanno capo ai fratelli del suo consuocero, Giuseppe Di Giovanni: Gregorio e Tommaso, negli archivi delle forze dell’ordine, e dei giornali, sono nomi legati al mandamento di Porta Nuova. Gregorio Di Giovanni è stato indicato tra i presenti della riunione della Cupola di Cosa nostra avvenuta nel maggio del 2018: è detenuto al 41 bis dopo la condanna al processo di primo grado scaturito da quell’indagine. Anche Giuseppe Di Giovanni ha conosciuto il carcere: è stato arrestato una prima volta nell’operazione «Panta rei» del 2015, ma assolto. E nel 2018, nel blitz che ha coinvolto il fratello Gregorio, è stato destinatario di un nuovo ordine di custodia cautelare poi annullato dal Tribunale del riesame. Fino all’archiviazione dell’inchiesta a suo carico. Quando gli spari scuotono il cuore della Zisa, che sta ancora svegliandosi, sono da poco passate le 8 del mattino. Tre colpi di pistola che non lasciano scampo a Giuseppe Incontrera, 45 anni, disoccupato con precedenti per droga, moglie e tre figli di 21, 19 e 11 anni. Incontrera è uscito da casa da pochi minuti, prende un caffè nel bar a due passi con un conoscente che ha una bottega in zona, sale sulla sua bici elettrica e imbocca via Imperatrice Costanza, la strada perpendicolare alla via Cipressi, dove abita al civico 9. Pochi secondi di tragitto e la sua vita è segnata: viene colpito più volte da chi fa fuoco, pare con una calibro 22. Cade a terra, davanti al civico 43, all'altezza di una Mini Cooper grigia posteggiata sul lato sinistro della carreggiata e davanti ad un garage utilizzato come posteggio di un'auto: lo si capisce dal cartello del «passo carrabile» affisso sulla parete e dipinto sulla saracinesca. I particolari che servono a ricostruire la dinamica di quei minuti sono vaghi, nessuno avrebbe visto nulla. Ma i carabinieri iniziano subito il censimento delle telecamere di videosorveglianza della zona e pare che in qualche filmato ci sia qualche particolare utile per le indagini: gli inquirenti non lasciano trapelare nulla, ma una telecamera potrebbe avere ripreso un particolare importante. Incontrera è a terra, quando viene avvicinato da una persona che era in auto in transito: scatta subito l'allarme, viene caricato a bordo e portato a grande velocità verso il pronto soccorso dell'ospedale Civico. Però, è spacciato: i medici attivano tutte le procedure per salvargli la vita, ma non possono che costatarne il decesso. Dalla Zisa, intanto, arrivano al Civico familiari e amici: c’è la moglie, il figlio di 21 anni. Chiedono notizie, ma la porta del pronto soccorso è sbarrata come sempre. La tensione inizia a salire col passare dei minuti, attorno al pronto soccorso si radunano una cinquantina di persone. Vengono allertati gli agenti di polizia del reparto mobile per presidiare il nosocomio. I sanitari del 118, arrivati intanto in via Imperatrice Costanza, non trovano nulla: riferiscono di aggressioni verbali nei loro confronti e vanno via. Nel quartiere si sparge la voce che Incontrera sia rimasto vittima di una sparatoria dopo una lite per un incidente stradale: la Mini Cooper posteggiata proprio nel posto dove è stato trovato a terra ha il parabrezza scheggiato, un particolare che sembra avvalorare questa tesi che nel corso della mattinata verrà in un certo senso smentita dal proprietario dell’auto, che agli inquirenti dirà che quella scheggiatura c’era già. I primi rilievi vengono effettuati dalla polizia, ma durano poco: dalla Direzione distrettuale antimafia arriva l’indicazione che a compiere i rilievi, e seguire le prime indagini, saranno i carabinieri del Nucleo investigativo dei carabinieri - in passato hanno condotto indagini delicate e incisive sulla cosca di Porta Nuova - che con i tecnici della scientifica setacciano la zona palmo a palmo. A fine mattinata restano i cartellini gialli dei rilievi numerati fino al 7. Sul posto arriva il sostituto procuratore Renza Cescon, che segue le indagini coordinate dal procuratore aggiunto della Dda, Paolo Guido, e dalla reggente della Procura, Marzia Sabella. Iniziano subito gli interrogatori di amici, familiari, gente della zona. L’autopsia sarà effettuata oggi. Gli inquirenti stanno vagliando tutte le piste per chiarire il movente del delitto. La vittima era stata arrestata più volte per spaccio di hashish, cocaina e eroina, per violazione della sorveglianza speciale, ma anche per rapine. Avrebbe fatto parte di una banda specializzata in colpi a istituti di credito del Nord Italia nei primi anni 2000. Armati di tagliabalsa i rapinatori entravano con uno stratagemma in banca e chiudevano impiegati e clienti nel bagno per fuggire coi soldi. Ma che le indagini siano coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia è un particolare chiarissimo. Anche le modalità del delitto - in pieno giorno, davanti a possibili testimoni - richiamano gli altri omicidi avvenuti nel recente passato alla Zisa.

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