Il regime carcerario non è più compatibile con il suo stato precario di salute. E una nipote si è offerta di ospitarla in casa sua. Andrà a vivere agli arresti domiciliari a Palermo Rosalia di Trapani, la moglie settantaquattrenne del boss mafioso palermitano Salvatore Lo Piccolo e madre di Sandro, entrambi ergastolani.
Fino ad oggi era rimasta nella struttura di Messina, ma i giudici della Sorveglianza di Messina dopo una perizia che ha prospettato un quadro molto critico - la donna è stata operata in passato di tumore ed è sulla sedia a rotelle -, hanno accolto in questi giorni le istanze dei suoi difensori, gli avvocati Salvatore Silvestro e Alessandro Campo.
Il collegio presieduto dal magistrato Francesca Arrigo ha disposto tecnicamente per la donna il differimento di esecuzione della pena che sta scontando «nelle forme della detenzione domiciliare, per la durata di un anno».
I giudici scrivono tra l’altro che per l’attuale grave stato di salute in cui versa la donna «la restrizione deve ritenersi contraria al senso di umanità».
Ed ancora che: «Pur tenuto conto dello spessore criminale del contesto familiare di riferimento, considerato che il marito ed i figli sono detenuti, che i fatti per i quali la donna sta espiando la pena sono stati commessi negli anni 2006-2007, che non ha altri precedenti e che non risultano a suo carico procedimenti pendenti, la pericolosità sociale della condannata, ad avviso del Collegio, può essere adeguatamente contenuta con la detenzione domiciliare da eseguirsi presso l'abitazione della nipote, anche tenuto conto che, per le gravi patologie da cui è affetta e per l’anziana età la stessa, la stessa può reputarsi scemata rispetto al passato».
Rosalia Di Trapani nel 2018 è stata condannata a 8 anni con sentenza definitiva per un’estorsione aggravata dal metodo mafioso. La donna, che è stata a lungo detenuta a Messina, ha subito tempo addietro a Catania un intervento chirurgico per un tumore.
Nel maggio del 2020 il suo caso era rimbalzato nelle cronache nazionali quando si parlò di “scarcerazioni facili” ai tempi del covid-19, e il suo nome finì nel calderone dei provvedimenti adottati. Ma poi si capì che la scarcerazione decisa a Messina era dovuta a motivi di salute: detenzione domiciliare in una struttura residenziale per anziani di Messina
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