Prevenire il disagio e l’emarginazione attraverso una scuola aperta e inclusiva, in dialogo con il territorio e le famiglie. È questo l’obiettivo del protocollo d’intesa siglato, nel pomeriggio (22 maggio), nel Centro di accoglienza Padre Nostro di Palermo dal ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, e del presidente del Centro Maurizio Artale, subito dopo la visita della Casa Museo del Beato Pino Puglisi. «La scuola è un importante presidio di cittadinanza - ha detto il ministro Bianchi - ma non può e non deve essere sola nell’educazione alla pace di bambini e ragazzi e nel contrasto alla dispersione e all’emarginazione. Con il Piano nazionale di ripresa e resilienza abbiamo previsto azioni e risorse dedicate, ma è importante che tutti facciano la propria parte. Per questo motivo, la collaborazione con il Centro ‘Padre Nostrò ha una rilevanza particolare: interveniamo nei singoli territori in maniera puntuale, con l’ausilio di donne e uomini impegnati a costruire percorsi di legalità e inclusione, a partire dall’esempio di figure determinanti per la storia del nostro Paese e per la formazione della nostra coscienza civile, come quella del Beato Pino Puglisi».
«La visita del Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi alla Casa del Beato Giuseppe Puglisi - ha detto Artale - è il giusto tributo a un insegnante, educatore e sacerdote del Signore, che ha dedicato e donato la propria vita ai bambini e ai giovani, per far loro scoprire la propria vocazione. La firma del rinnovo del protocollo d’Intesa vuole suggellare la proficua collaborazione, che dura da anni, tra il Centro Padre Nostro e il ministero». Obiettivo del protocollo è promuovere l’educazione alla pace, all’intercultura, alla legalità, all’inclusione attraverso percorsi didattici e formativi che le scuole potranno attivare, nell’ambito della propria autonomia e della propria flessibilità organizzativa, anche con l’apporto di soggetti e risorse diversi a livello territoriale. E fare sempre più degli istituti scolastici luoghi di incontro, di interazione con le famiglie e le comunità, di costruzione di cittadinanza attiva e democratica.
Anche il ministro Cartabia in visita
«La cosa che mi colpisce molto è che la presenza del Centro Padre Nostro è proprio innervatà dentro questo quartiere. Mi aspettavo di trovare una realtà come un’oasi differente rispetto al resto, mentre qui c’è una presenza molto inserita in vari ambiti penetrata nella vita reale e concreta delle persone del quartiere». Lo ha detto Marta Cartabia, ministro della giustizia, a margine della visita, questo pomeriggio, al Centro Padre Nostro del Beato Pino Puglisi, nel quartiere Brancaccio, a Palermo. «Credo che questa concretezza e questo farsi vicini, condividere e comprendere i bisogni e le esigenze e la mentalità delle persone - ha aggiunto - sia decisivo per portare aventi quella novità di cui loro sono portatori tenaci e pazienti». Accompagnata da Maurizio Artale, presidente e dagli operatori del centro dedicato al sacerdote ucciso dalla mafia, il ministro Marta Cartabia ha prima visitato la sede del centro dove si svolgono le varie attività e poi si è intrattenuta, nel centro antiviolenza realizzato all’interno del mulino del sale di Brancaccio, con alcuni ragazzi che hanno raccontato le loro storie di una vita in periferia, in un quartiere a rischio come quello di Brancaccio dove fino agli anni Novanta dettava legge la mafia con i fratelli Graviano. Mirko, fa l’elettricista ma frequenta da ragazzino il Centro e Denise, che frequenta l’istituto alberghiero hanno raccontato al ministro che per loro “stare con gli operatori del «Centro Padre Nostrò è come vivere in una seconda casa». Un luogo dove «stiamo bene, dove abbiamo avuto modo di conoscere tante persone, dove siamo cresciuti e dove abbiamo avuto modo di visitare posti nuovi che mai avremmo potuto vedere. «Sentire le vostre storie - ha detto ai ragazzi il ministro Cartabia - è molto importante per noi, che lavoriamo tutti i giorni per allargare la cultura della legalità, dove sembra un pò rosicchiata da qualche sistema diverso. Ma abbiamo bisogno di vedere che ce la si può fare davvero. Per questo ci avete fatto un regalo».
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