Le denunce di un imprenditore stanco di subire pressioni e richieste di danaro dal burocrate hanno dato il via alle indagini della guardia di finanza sul funzionario della ex Provincia Marcello Miraglia, 60 anni, che venerdì mattina, all’arrivo degli investigatori nella sua casa di Bagheria con l’ordine di condurlo in carcere, si è suicidato lanciandosi da una finestra. Nell’ordinanza di custodia cautelare, il gip Rosario Di Gioia ha dedicato un capitolo all’esposto del titolare di una ditta di Bagheria specializzata nella lavorazione di rottami metallici ma ha anche inserito alcune intercettazioni. Come quelle tra Miraglia, accusato di corruzione, e la moglie Maria Letizia Pollaccia, chiamata a rispondere di ricettazione. Con lei sono indagati otto imprenditore del settore delle autodemolizioni e dei rifiuti metallici.
«Quando avrai il filmino che io mi prendo buste di soldi per qualche cosa allora ti dico: avevi ragione tu, andiamo a fare questa galera», diceva Miraglia alla consorte, che avrebbe preferito banconote da venti euro per le mazzette. In particolare, il giudice, che ha ipotizzato a vario titolo i reati di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, ricettazione, rivelazione e utilizzazione di segreto d’ufficio, ha disposto il sequestro preventivo di 15 mila euro pari alle presunte tangenti sinora individuate.
L’imprenditore che ha denunciato ha ricostruito un ventennio di richieste varie legate ad autorizzazioni da parte del funzionario della ex Provincia e ispezioni. Ma Miraglia non si sarebbe limitato solo ai soldi, avrebbe anche chiesto cassette di vini, lavori edili nelle sue case e per le sue auto. L’uomo ha riferito di avere subito «angherie sin dall’anno 2000. Miraglia era il vero referente di tutto l’ufficio addetto al rilascio delle autorizzazioni ambientali per le aziende come la mia. Ha voluto dimostrarmi che senza la sua protezione non posso andare da nessuna parte. Per una pratica, gli chiesi almeno la fattura, per poterla scaricare per conto dell’azienda. Ma mi rispose che era impossibile, facendomi intendere che il pagamento doveva avvenire in nero».
C’è poi un racconto relativo a pochi anni fa: «A metà del 2018, volle cinque casse di vino, che gli consegnai nel garage di casa sua. Avevo paura delle sue reazioni, quando chiedeva, pretendeva. E faceva pesare il suo ruolo istituzionale. Chiedeva spesso casse di vino. Ripeteva che la sua protezione costava duemila euro. E, poi, c’erano sempre gli extra». Nell’arco di un ventennio, l’imprenditore avrebbe versato al funzionario poco meno di ottomila euro.
Nell’inchiesta gli altri titolari di ditte indagati - con obbligo di dimora e presentazione alla polizia giudiziaria - sono: Vincenzo Casesa, titolare di fatto dell’omonima ditta che si occupa di riciclaggio di rottami metallici, Paolo Venticinque, legale rappresentante della Costruzioni Lavori Generali srl di Termini Imerese, impegnata del recupero e riciclaggio di rifiuti solidi, Antonino Costanza, amministratore di fatto della Costanza srl di Termini, che si occupa della demolizione di carcasse, Francesco Claudino, rappresentante legale della Sicilia Recuperi srl, che svolge lavori edili, Maria Rosaria Scalia, collaboratrice di Claudino, Rosario Di Fede, titolare di fatto della ditta della madre, Autodemolizione Aquila, che vende rottami metallici, Antonino Prainito, referente della Sicilbitumi srl, e Salvatore Montalto, amministratore di fatto del Centro demolizioni Palermo.
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