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L'inchiesta di Palermo sui compro oro, il pentito: «Così rubammo i diamanti»

La guardia di finanza ha condotto l'indagine sui compro oro

Magari saprà poco sui massimi sistemi di Cosa nostra, ma su furti e rapine sembra essere molto ferrato. Alessio Puccio, malavitoso del quartiere palermitano della Zisa, neanche trentenne, sta riempiendo pagine e pagine di verbali, raccontando agli inquirenti quel mondo di mezzo che sta tra la delinquenza comune e l'ambiente dei boss. Le sue dichiarazioni sono già state giudicate attendibili per quanto riguarda l'indagine sui compro oro vicini a Cosa nostra conclusa la scorsa settimana con arresti e sequestri ma le sue parole potrebbero servire per chiarire tanti raid disposti o comunque autorizzati dalle cosche. Ad iniziare da un grosso furto avvenuto ai danni di un compro oro in pieno centro, in piazza Politeama, sul quale si sapeva poco o nulla. Ora Puccio ha spiegato come sono andate le cose, indicando i presunti complici e l'entità del bottino. Fatto di diamanti e oro, un colpo niente male.

«Allora, lo abbiamo fatto io, Gianluca Giordano e Cosimo Filippone - dice il collaboratore -. Filippone è rimasto giù, perché era il portone accanto casa sua, ha fatto diciamo da vedetta in caso sarebbe arrivato qualcuno». Il pm che lo stava interrogando fa il nome del ricettatore al quale sarebbe stata venduta la merce, che però è coperto da omissis, segno che ci sono indagini in corso. E Puccio conferma questo nome. «Sì, siamo andati da lui». Poi prosegue il racconto e svela cosa hanno portato via.

«Allora c’erano dei diamanti imbusterati, rende l’idea dottore? - afferma il pentito -. Sono dei diamanti dentro una scatola che dice la purezza, la taratura… che questi non si escono dalla scatola, il valore è proprio averli dentro la scatola e ce n’erano o 7 o 8 non mi ricordo, approssimativamente 600 grammi d'oro, questi li ho trovati all’interno della cassaforte però e 2.500 euro contanti penso, cento euro in più cento euro meno, quello è…».

Un altro furto grosso di cui parla Puccio è quello ai danni della gioielleria di Giuseppa Di Gristina, la refurtiva sarebbe stata portata al compro oro dei Luca di corso Pisani, al centro dell'indagine condotta dalla direzione distrettuale antimafia e dalla guardia di finanza. «Ho portato a lui l’oro dell’ultimo furto, quello ai danni di Giuseppa Di Gristina, la gioielliera - afferma il collaboratore -. Ricordo che ci ha dato 14.700 euro. Noi abbiamo portato a lui tutto l’oro pulito. Altri erano oro e corallo e altre cose, ma lui il corallo non lo prende. Su tutte le attività illecite fanno un conto mensile in cui il mandamento riceve una buona parte. L'ordine di rivolgerci a lui me lo disse Gaspare Rizzuto dopo l’arresto di Onofrio Lipari. Disse che quando ce ne era assai dovevamo andare da Vincenzo in corso Pisani. Molto tempo fa, più di cinque sei anni fa. Vincenzo (Luca) prendeva solo oro destinato a squaglio. Sapevamo che lui squagliava, perché è un rivenditore in grosse quantità. Fino a quando sono andato in Germania era così, ma sarà sempre così perché Vincenzo è intoccabile a Palermo. Giornalmente compra tra i 150 ai 200 mila euro di oro. Tutti i ricettatori autorizzati che girano a Palermo, in alcuni casi anche di altri mandamenti, consegnano tutti a lui».

Puccio ha anche spiegato come avveniva materialmente la vendita dei preziosi rubati. E tira in ballo il padre di Vincenzo Luca che lavorava nel negozio di corso Pisani. «È sempre lì dentro - afferma -, io parlavo con lui per dire che stavo per arrivare. Lui se non poteva parlare con noi subito, perché magari c’era gente, ci diceva di passare dopo mezz’ora, a questo punto chiudeva a chiave e abbassava la tendina. Sapeva che il nostro oro era provento di reato».

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