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Dall'inferno di Bucha a Palermo, la storia di Inna: "Torneremo in Ucraina per un nuovo futuro"

Corpi di civili in una fossa comune a Bucha

Dall'inferno di Bucha a Palermo. È la storia di Inna, 36 anni, capelli rossi, occhi azzurri, quasi trasparenti, impauriti e arrossati dalle lacrime. Racconta la sua storia e tira un sospiro di sollievo perché adesso è lontana e accanto a lei ci sono i suoi figli di tre e sette anni.

"Abbiamo lasciato tutto ciò che abbiamo, anche i miei genitori e mio marito che riesco a sentire ogni giorno al telefono. Prima di arrivare in Italia siamo rimasti nascosti per 14 giorni in un bunker sotto terra, con i bambini, senza luce, senza gas e telefono. Quando ha cominciato a scarseggiare anche il cibo abbiamo capito che era il momento di andare via. La speranza - racconta Inna tra le lacrime  - è che tutti noi che siamo stati costretti a scappare possiamo rientrare per costruire il nuovo futuro del popolo ucraino".

Inna e gli altri profughi ucraini arrivati in Italia adesso devono passare dalle maglie della burocrazia per ottenere il permesso temporaneo di soggiorno ma le richieste adesso sono parecchie e questo fa sì che i tempi di attesa per il documento si dilatino.

Con Inna, in questi giorni, sono arrivate a Palermo anche Natalia e Olena, entrambe da Kharkiv, un'altra delle città divenuta un triste simbolo della guerra. Hanno potuto beneficiare del "volo sospeso", l'iniziativa di Ciccio Gangi che ha creato una rete con alcune agenzie di viaggi della città per permettere la fuga dall'Ucraina all'Italia di quante più persone possibile.

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