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Palermo, il parroco dopo il delitto: «Bisogna ancora lavorare molto sui ragazzi»

La chiesa di Maria Santissima delle Grazie

Si respira aria di sconforto e grande tristezza a Brancaccio, dopo l’ennesima tragedia. Nessuno ancora, nel quartiere di Palermo, riesce a spiegarsi come e perché sia potuto accadere. In via Pasquale Matera un uomo di 47 anni, Natale Caravello, è stato ucciso a colpi di pistola. «Un delitto per futili motivi», secondo don Ugo Di Marzo della parrocchia Maria Santissima delle Grazie in zona Sperone-Roccella. Oggi, domenica, nella sua omelia, il parroco fa sapere che parlerà dell’accaduto con i suoi fedeli «anche perché l’uomo era conosciuto in zona - dice Don Ugo Di Marzo -. Fatti come questo ci fanno capire che dobbiamo continuare a lavorare con i giovani per far comprendere loro il valore della vita. Non è normale che un giovane vada in giro con una pistola».

Anche a scuola, nell’ora di religione, gli studenti hanno rivolto tante domande a Don Ugo. Cercano una spiegazione che possa dare un senso alla morte di quell’uomo perché anche il delitto passionale è illogico. «Siamo tutti scossi ma non ci dobbiamo demoralizzare - continua il parroco -. Nel tempo i miglioramenti ci sono stati. Stiamo portando avanti percorsi di legalità con i giovani del quartiere. Poco tempo fa hanno partecipato ad un progetto assieme alla polizia di Stato. Giovani e agenti di polizia hanno trascorso del tempo insieme in un clima di amicizia. I ragazzi si sono fatti fotografare anche all’interno dei mezzi della polizia. Sei anni fa, quando sono arrivato, una cosa simile sarebbe stata impensabile. Un ragazzo inizialmente si rifiutava di partecipare al progetto, negava alla polizia anche una semplice stretta di mano. Per lui abbiamo fatto un percorso di educazione civica personalizzato facendogli capire che le istituzioni non sono nemici da combattere ma alleati a cui affidarsi. Bisogna lavorare in maniera costante sui giovani. In questa brutta vicenda i morti sono due, l’uomo che è stato assassinato e che ora è nella bara, e il giovane che ha sparato perché ha distrutto anche la sua vita».

È sconfortato anche Maurizio Artale, presidente del Centro di accoglienza Padre Nostro. «I giovani non riescono ad accettare e superare le difficoltà - commenta Artale -, vivono di egoismo e perdono di vista la realtà se non riescono a soddisfare i loro bisogni primari. Grazie al lavoro fatto in questi anni, la maggior parte dei ragazzi trova illogico quanto è accaduto e sa che la strada da seguire è quella della legalità».

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