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Case di riposo lager a Palermo, inflitti quasi otto anni alle due titolari

La Corte d’Assise di Palermo, prima sezione, presieduta da Sergio Gulotta, ha condannato Maria Grazia Demma a quattro anni e nove mesi e la figlia Simona Fichera a tre anni e tre mesi. Le due donne gestivano due case di riposo a Palermo ed erano accusate di maltrattamenti e abbandono di persona incapace. Cadute le accuse di estorsioni e le aggravanti legate alla morte di una delle anziane ricoverate. Le imputate erano difese dagli avvocati Sarah Bartolozzi e Salvo Agrò. E’ stata assolta, invece, la badante Franca Silvana Gnoffo difesa dagli avvocati Alessandro Martorana e Giovanni Pecorella.

La Procura aveva chiesto 9 anni e mezzo per la madre, 8 anni per la figlia e 3 anni per la badante. Le due case di riposo «Anni d’Oro» e «Arcobaleno» erano state sequestrate dagli agenti del commissariato Libertà nel 2015. A gestirle era l’ispettrice della polizia municipale, Maria Grazia Demma con la figlia Simona Fichera.

Le imputate sono state anche condannate anche al risarcimento dei danni  in favore delle parti civili costituite in giudizio, Francesca Agnello, figlia di Epifania De Simone (poi deceduta), difesa dagli avvocati Giuseppe Pinella ed Alessia Conigliaro, e Francesco Schillaci, difeso dall'avvocato Chiara Schillaci.

I poliziotti trovarono nelle due strutture anziani denutriti, puniti, legati e storditi da psicofarmaci. A denunciare tutto è stata una delle impiegate che si è rivolta agli inquirenti. Successivamente anche due impiegate, stanche di assistere ai soprusi sugli ospiti e alle vessazioni che hanno raccontato quello che succedeva nelle casa di riposo. Nessuna delle badanti sarebbe stata messa in regola. Una gestione al risparmio quella delle due case di riposo dove si tagliava, secondo quanto hanno accertato i poliziotti, anche sul cibo. I 17 assistiti sono stati trovati disidratati e sottopeso come riportato nei referti dei medici che avevano visitato i pazienti dopo l’arrivo della polizia.

Le indagini risalgono al 2015. Fu una dipendente a fare scattare l'inchiesta presentando una denuncia dopo avere subito numerose vessazioni: mancate ferie, riposi e contributi previdenziali. La dipendente non accettava i sistemi utilizzati dalla madre e dalla figlia per accudire gli anziani. I poliziotti installarono così le telecamere all'interno delle strutture e ripreso tutto quello che subivano i pazienti che si trovavano all'interno.

Denutrizioni e malnutrizioni, somministrazioni mediche inappropriate e senza indicazione terapeutica, punizioni nei confronti dei degenti sospettati di aver denunciato le vessazioni alla polizia, mancato ricorso a cure mediche ospedaliere, sarebbero solo alcuni dei comportamenti che avrebbero segnato profondamente la vita degli anziani ospiti delle due strutture.

Tra le punizioni ci sarebbe stata la sveglia anticipata ed imposta alle 4 di mattina a tutti i degenti. La chiusura, sottochiave, di chi avesse voluto ribellarsi. Gli anziani sarebbero stati legati a sedie e letti, con lacci e stringhe. Sovente, sarebbe accaduto che l'anziano saltasse per giorni i pasti e, spesso, il latte della colazione sarebbe stato “allungato”, su disposizione della titolare, con acqua di rubinetto.

Ma anche altri dipendenti delle case di riposo nel centro di Palermo si presentarono alla polizia per denunciare quello che accadeva nelle strutture. Se gli anziano non si piegavano alle percosse e privazioni che subivano nelle case di riposo sarebbero stati spostati di volta in volta in modo da non incontrare gli agenti di polizia giudiziaria che venivano a fare ispezioni nella struttura. Nelle immagini furono ripresi pianti ed urla di dolore degli anziani, a qualsiasi ora del giorno e della notte.

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