«I beni sequestrati alla mia famiglia sono solo la punta dell’iceberg, adesso vi dico quali sono tutti gli altri». Gaetano Fontana, l'ex boss dell'Acquasanta di Palermo, riprende proprio come aveva lasciato: un fiume in piena.
Non è chiaro se racconti tutta la verità, sta di fatto che dopo avere detto che Cosa nostra è finita e invitato il fratello Giovanni a collaborare come sta facendo lui, ieri ha fatto una serie di rivelazioni. Ha fornito indirizzi e nomi riguardo una ventina di immobili, tra case, magazzini, box e terreni, riconducibili alla sua famiglia e che mai erano stati individuati. E ora su queste proprietà, e sui relativi prestanome, dovrebbero scattare nuove indagini.
È iniziata così la seconda parte della sua deposizione al processo per mafia, estorsioni e riciclaggio che si celebra all’aula bunker di Palermo in abbreviato contro un’ottantina di imputati ritenuti vicini alla cosca dell’Acquasanta.
Lui è considerato al vertice del clan, ma ormai da quasi un anno afferma di avere rotto con il suo passato fornendo una serie di indicazioni agli inquirenti, ma sottolineando anche che con l’organizzazione ha troncato i rapporti da anni.
La procura lo ritiene un dichiarante, la cui attendibilità è tutta da verificare e, almeno fino ad oggi, non si può prevedere se e quando sarà inserito nel programma di protezione riservato ai collaboratori di giustizia. Lui sta facendo di tutto per accreditarsi come tale e ieri c’è stata la novità dell’elenco dei beni segreti dei Fontana.
Gli appartamenti indicati si trovano nei pressi della borgata tranne uno, in viale Campania, l’unico sul quale si era già accesa l’attenzione degli investigatori, se ne parlava anche nell’ordinanza di custodia dello scorso anno contro il clan.
Degli altri beni indicati si parla nell’articolo di Leopoldo Gargano sul Giornale di Sicilia in edicola oggi.
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