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Mafia: il Riesame annulla l'arresto di Carella, considerato "l'alter ego" di Nicoletti

Il tribunale del riesame di Palermo, presieduto da Simona Di Maida, ha scarcerato Giuseppe Carella, 50 anni, arrestato il 4 giugno nel blitz antimafia della Squadra mobile contro il clan del quartiere e del mandamento della Noce. Carella, assistito dall’avvocato Tommaso De Lisi, era stato uno dei nove finiti in cella, mentre altri due indagati avevano ottenuto gli arresti domiciliari, su decisione del Gip Elisabetta Stampacchia.

Non si conoscono ancora i motivi della decisione del collegio (di cui fanno parte pure Alessia Geraci e Sara Monteleone), ma i giudici hanno annullato integralmente la misura cautelare, per la posizione del solo Carella, entrambi i reati a lui contestati: l’associazione mafiosa e la fittizia intestazione di beni.

Nella vicenda era emerso che l’indagato sarebbe stato una sorta di alter ego, in ambito economico-finanziario, del boss Giovanni Nicoletti, morto in febbraio per cause naturali, uno dei personaggi al centro dell’inchiesta della Dda, coordinata dal procuratore Francesco Lo Voi e dall’aggiunto Salvatore De Luca. Carella, nell’ampio territorio del mandamento, che abbraccia anche i quartieri di Malaspina e Cruillas, avrebbe gestito di fatto due aziende edili, fittiziamente intestate a un altro indagato, Alfonso Siino, che è a piede libero. Le società erano state sequestrate all’inizio del mese e rimangono tuttora congelate. L’accusa aveva ipotizzato che Carella avesse conquistato una rilevante quota di mercato nel settore dell’edilizia, proprio grazie ai suoi buoni uffici presso i capi della cosca della Noce e le «spinte» imposte da Nicoletti. L’avvocato De Lisi è però riuscito a dimostrare la mancanza di indizi gravi nei confronti dell’imprenditore, che avrebbe agito attraverso la Agm Costruzioni e la Sa Costruzioni, entrambe con sede in via Ausiello Camillo Orlando, nella zona dell’ospedale Cervello di Palermo, nel cuore di Cruillas.

Nel corso dell’inchiesta, coordinata dai pm Amelia Luise e Vincenzo Amico, la polizia aveva ricevuto dai carabinieri un’informativa con un’osservazione effettuata il 7 maggio 2018, in cui era stato ricostruito un bacio in bocca tra capimafia: tra Salvatore Alfano, capo della famiglia mafiosa della Noce, e Settimo Mineo, boss di Pagliarelli capo designato della nuova commissione di Cosa nostra, arrestato nel dicembre 2018, prima di prendere il comando. Il rituale dei baci in bocca è tornato di moda ed è venuto fuori anche nel blitz Teneo dei carabinieri, contro i mandamenti di San Lorenzo e di Tommaso Natale. Il boss Vincenzo Taormina, a suggello del proprio e dell’altrui potere, aveva baciato in bocca Francesco Di Noto e Francesco Paolo Liga.

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