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Trattativa Stato-mafia, lunedì riparte il processo d'appello a porte chiuse

Dopo la pausa forzata causa emergenza Covid riprende, al palazzo di giustizia di Palermo, a 'porte chiuse', il processo di appello sulla cosiddetta trattativa tra Stato e mafia. Lunedì 18 davanti alla II sezione della Corte di assise di appello deporranno, in videoconferenza i collaboratori di giustizia il calabrese Nino Fiume e l’alcamese Armando Palmeri. In programma il 26 maggio invece l’audizione degli altri pentiti calabresi, Salvatore Pace e Antonino Cuzzola mentre il collaboratore Vittorio Foschini deporrà l’8 giugno.
I collaboratori di giustizia calabresi dovranno essere sentiti su punti specifici di cui hanno parlato, proprio a Reggio Calabria, nel procedimento che vede imputati il boss mafioso di Brancaccio, Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone, in particolare sul movente ed i mandanti dell’omicidio dell’educatore carcerario Eduardo Mormile, il primo ad essere rivendicato dalla «Falange Armata». Mentre Palmeri, ex boss di Alcamo, sarà sentito su alcuni incontri, avvenuti nell’estate del 1992, con uomini dei servizi. (AGI)
Pa8/Mrg (Segue)

(AGI) - Palermo, 15 mag. - L’udienza di lunedi si terrà a porte chiuse - così ha deciso il presidente della Corte di assise, Angelo Pellino - nel rispetto delle misure adottate al palazzo di giustizia del capoluogo siciliano per contenere il rischio di contagio da Covid-19. L’aula della II sezione della corte di assise di appello - al piano terra - secondo le le recenti disposizioni, affisse anche sulla porta d’ingresso, può contenere fino ad un massimo di 32 persone in modo da evitare la saturazione dell’aria e un adeguato ricircolo. Obbligatori guanti e mascherine.
La Corte di assise, in primo grado, nell’aprile 2018, aveva condannato a 28 anni il boss Leoluca Bagarella, a 12 di l’ex senatore Marcello Dell’Utri e gli ex carabinieri del Ros Mario Mori e Antonio Subranni; stessa pena per Antonino Cinà, medico e fedelissimo di Totò Riina; 8 anni di reclusione per l’ex capitano dei carabinieri Giuseppe De Donno. In appello la posizione di Massimo Ciancimino (condannato a 8 anni per calunnia) è stata stralciata.

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