La corte d’Appello di Caltanissetta ha assolto «perchè il fatto non sussiste» il magistrato Maria Teresa Principato e l’appuntato della Guardia di finanza Calogero Pulici, per anni applicato alla sua segreteria. Il magistrato, per anni impegnata nelle indagini sulla ricerca di Matteo Messina Denaro e adesso in servizio alla Direzione nazionale antimafia, era stata condannata in primo grado a 40 giorni di reclusione con l’accusa di avere rivelato all’appuntato Pulici - in servizio presso la sezione di pg - dell’esistenza di un procedimento a suo carico. Per il finanziere invece è stato confermato in appello il giudizio di primo grado, in cui era stato assolto dall’accusa di accesso abusivo a un sistema informatico.
Pulici era finito indagato per altri reati (poi archiviati) e nell’ambito di quelle indagini furono eseguite delle perquisizioni durante le quali fu sequestrato un backup dei dati della Principato, custodito in un computer. Interrogata dai pm nisseni il magistrato li aveva commentati come «fatti estremamente banali», riferendo che «i file miei personali che avete trovato nei supporti sequestrati a Pulici sono stati copiati da quest’ultimo nell’ambito di una delle operazioni di trasferimento dati che ho descritto. Non vi è stata alcuna captazione non autorizzata».
Nell’ottobre 2017 la Principato venne ascoltata come persona informata sui fatti, in un’indagine a carico di Pulici e del magistrato Marcello Viola (all’epoca a capo della procura di Trapani) e in seguito all’esame informò l’appuntato della Finanza dell’esistenza di un fascicolo a suo carico.
«Io non so quale sia la ratio di queste indagini e quali siano le vere e autentiche motivazioni. Di certo tutto parte da Palermo. Gli atti sono partiti da Palermo e poi Caltanissetta ha fatto queste indagini intercettando Pulici e quindi anche la mia telefonata», disse commentando l’indagine a suo carico.
(AGI)
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