Attenzione pirati di Internet. Leggere i giornali a scrocco può costare molto caro. Carissimo. Se vi beccano sono dolori, come minimo si finisce davanti ad un giudice con l'accusa di violazione del diritto d'autore. Ne sanno qualcosa i tre indagati eccellenti di un'inchiesta che promette sviluppi e i cui confini potenzialmente sono molto ampi. Un sovrintendente di polizia, un ufficiale dell'esercito e un commercialista sono finiti sotto inchiesta perché facevano parte di una chat con la quale era possibile scaricare e leggere gran parte dei quotidiani italiani. Senza pagare un centesimo.
L'indagine condotta dai carabinieri del comando provinciale di Palermo è partita da una denuncia piuttosto circostanziata da parte della direzione del Giornale di Sicilia.
Gli investigatori hanno analizzato con attenzione una chat intestata ad un gruppo di motociclisti Bmw nella quale gli iscritti si scambiavano oltre ad una serie di informazioni su raduni, scampagnate e fotografie anche una vera e propria edicola digitale aggiornatissima con tutti i quotidiani, compresi i supplementi. A quanto pare il poliziotto, l'ufficiale dell'esercito e il commercialista erano fra gli amministratori della chat e dunque quelli più coinvolti in questo genere di attività. I tre hanno ricevuto l'avviso di garanzia emesso dalla procura e contestualmente le loro abitazioni sono state perquisite.
Le copie digitali sarebbero poi state smistate a decine di altri componenti della chat che a loro volta potrebbero averle girate ad amici, conoscenti, familiari e chi più ne ha, più ne metta. I carabinieri avrebbero poi scoperto collegamenti con altre chat attive in tutta Italia, dove non a caso il fenomeno è esteso a macchia d'olio. Sono stati riscontrati casi analoghi segnalati da quotidiani a diffusione nazionale e anche dalla «Gazzetta del Sud» di Messina testata del gruppo «Ses» che comprende pure il Giornale di Sicilia.
Dopo i primi tre indagati eccellenti, le indagini dei carabinieri continuano e diverse posizioni sono al vaglio degli inquirenti. Il reato di violazione del diritto d'autore nei casi più gravi prevede multe salate, fino a 15 mila euro e la reclusione da 6 mesi a 4 anni. Ma ecco cosa dice a proposito il codice penale. «È punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da 2.582 a 15.493 euro chiunque: riproduce, duplica, trasmette o diffonde abusivamente, vende o pone altrimenti in commercio, cede a qualsiasi titolo o importa abusivamente oltre cinquanta copie o esemplari di opere tutelate dal diritto d'autore e da diritti connessi - si legge - ed a fini di lucro, comunica al pubblico immettendola in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, un'opera dell'ingegno protetta dal diritto d'autore, o parte di essa».
La duplicazione gratuita e del tutto illegale dei quotidiani potrebbe configurare proprio questa ipotesi. Gli iscritti infatti a queste chat si scambiavano ogni mattina, spesso con puntualità svizzera, tutti i giornali in versione digitale, causando dunque un danno enorme alle aziende editoriali. Ed a loro volta le trasmettevano chissà a chi.
I militari del comando provinciale sono risaliti ai tre indagati dopo avere analizzato centinaia di questi messaggi ed è emerso un dato molto chiaro. Alcuni iscritti non beneficiavano soltanto del «servizio» del tutto gratuito e illegale, ma qualcuno lo avrebbe anche preteso quando saltuariamente sulla chat non compariva l'elenco dei giornali da sfogliare a scrocco.
Indagine simili a quella che si sta svolgendo a Palermo, sono in corso anche in altre città dove le chat pirata sono attive ormai da anni.
Il numero di chi vi partecipa è impressionante. Migliaia e migliaia di copie pirata ogni mattina vengono smistate su Internet ed ancora non è chiaro un passaggio fondamentale: qualcuno ci guadagna? Qualcuno incassa del denaro duplicando illegalmente le edizioni digitali, o comunque riceve qualcosa in cambio? Su questo aspetti sono in corso accertamenti ed i carabinieri stanno battendo diverse piste che potrebbero portare fuori dai confini nazionali.
Per quanto riguarda il caso palermitano in questione della chat dei «motociclisti Bmw» non è emerso, almeno fino ad ora, uno scambio di denaro. Dal tenore dei messaggi e delle battute, sembra che nessuno abbia preso soldi. Si trattava quasi di una bravata, dalle conseguenze economiche però gravissime, un modo per far vedere ad amici e sodali cosa si è in grado di fare. Ma l'ipotesi almeno di una sorta di «cambio merce» digitale non è affatto esclusa. Chi ogni mattina metteva in circolazione le copie pirata, poi magari riceveva in cambio fotografie, filmati e altro materiale. Insomma una sorta di mercato nero digitale sul quale gli investigatori hanno appena iniziato le ricerche.
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