La «Ittica Sant'Erasmo» ed il «Caffè Sant'Erasmo», due attività ormai chiuse che si trovavano in via Ponte di Mare, a Brancaccio, sarebbero state intestate fittiziamente, ma non da quello che viene ritenuto il capo del clan di corso dei Mille, Pietro Tagliavia, figlio del boss stragista Francesco, e neppure nell'interesse di Cosa nostra. È questo, in sintesi, che stabilisce la sentenza con tre condanne e due assoluzioni emessa ieri pomeriggio dal gup Filippo Lo Presti.
Il giudice infatti ha assolto Tagliavia (difeso dall'avvocato Antonio Turrisi) e un suo presunto prestanome, Pietro Scardina (assistito dall'avvocato Bonaventura Zizzo), mentre ha inflitto - con il rito abbreviato - due anni e otto mesi a Cosimo Lo Nigro, detto «Fabio», con precedenti per droga, e un anno e quattro mesi ciascuno ad altri due presunti prestanome, Salvatore Montalto e Serafina D'Anna. Per tutti, però, il gup ha ritenuto insussistente l'aggravante di aver agevolato Cosa nostra.
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