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Saguto, teste: "Boom di sequestri e gestione dei beni a parenti di pm"

Silvana Saguto

Il magistrato Fabio Licata, prima in servizio a Palermo e ora giudice del lavoro a Patti, è stato sentito a Caltanissetta nell’ambito del processo a Silvana Saguto, ex presidente della Sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, accusata di avere creato un sistema illecito nella gestione dei beni sequestrati.

Licata, già condannato a 2 anni e 4 mesi in abbreviato nell’ambito dello stesso procedimento, ha raccontato la sua carriera a Palermo e il lungo periodo trascorso alla sezione misure di prevenzione. Ha risposto alle domande degli avvocati Sergio Monaco ed Antonio Reina, che difendono nel procedimento Gaetano Cappellano Seminara e Silvana Saguto.

Durante la deposizione Licata ha parlato delle prime nomine degli amministratori giudiziari al tribunale di Palermo per le aziende sequestrate, molti professionisti qualche settimana dopo lasciavano l’incarico perchè venivano minacciati. «C'era un drappello di professionisti - ha detto Licata - che aveva requisiti di qualità, affidabilità e fiducia». Poi il «boom» dei sequestri: in due anni il dato crebbe a Palermo del 300%. Cappellano Seminara, il re degli amministratori giudiziari, imputato nel processo che si celebra a Caltanissetta, fu uno dei primi amministratori giudiziari nel palermitano e poi ebbe incarichi da altri tribunali. Nel 2014, poi la campagna di stampa contro il professionista, e le prime voci «di radio tribunale - ha detto Licata - a causa di invidie forse professionali».

Il magistrato, sollecitato dalla difesa degli imputati, ha parlato anche di Lorenzo Caramma, marito della Saguto, che aveva incarichi anche affidati dalla Procura di Palermo e da altri tribunali. Ha evidenziato anche che «c'erano parecchi parenti di magistrati impegnati nella gestione delle aziende sequestrate ma non c'era una circolare che imponesse in divieto di nomine quale coadiutore, quest’ultime fatte dagli amministratori giudiziari delle società».

(AGI)

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