È «molto arduo immaginare una preordinata macchinazione per sottrarre fondi pubblici nettamente inferiori ai costi già ad oggi sostenuti in proprio per la reindustrializzazione del sito e i relativi progetti occupazionali». Lo studio legale torinese Grande Stevens respinge «con forza» le accuse nei confronti di Blutec e dell’ad Roberto Ginatta. E annuncia di avere già assunto le necessarie iniziative per dimostrare la loro oggettiva infondatezza e per rimettere l’azienda nelle mani dei legittimi titolari.
Roberto Ginatta, proseguono i suoi legali, «confida di poter dimostrare prontamente e in modo oggettivo che tutte le somme ottenute da contributi pubblici sono state impiegate nel progetto Termini Imerese, che per le sue intrinseche difficoltà non può proseguire senza un binomio di un grande gruppo industriale e il sostegno agli investimenti, come previsto dalla legge e dall’interesse collettivo».
«I profili occupazionali di Termini Imerese sono sempre stati al centro del progetto industriale di Blutec», sostiene ancora lo studio legale torinese Grande Stevens, che difende Blutec e il suo amministratore delegato, Roberto Ginatta, dall’accusa di aver sottratto 16 dei 21 milioni di finanziamenti pubblici ricevuti quale quota di un maggiore e più congruo finanziamento necessario sul sito.
Roberto Ginatta, ricordano i suoi legali torinesi, è alla quarta generazione di una famiglia di industriali. Il Gruppo Blutec, sempre secondo gli avvocati, paga circa 65 milioni di stipendi l’anno a più di 3 mila dipendenti. «Al momento dell’ingresso nel dicembre 2014, nella sola Termini Imerese il Gruppo ha investito più di 37 milioni di euro, pagando stipendi per un ammontare complessivo di 17,5 milioni con mezzi propri e senza attingere ad alcuna risorsa pubblica - sostiene ancora lo studio Grande Stevens - confidando anzi nel supporto doveroso di capitale pubblico per il rilancio del sito secondo i termini e gli strumenti consentiti dalla legge e nell’interesse della collettività».
Caricamento commenti
Commenta la notizia