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Mafia, dopo Riina atto di pacificazione tra le cosche: così si è riorganizzata cosa nostra

Totò Riina

Dopo la morte di Totò Riina le dinamiche interne a cosa nostra rivelano un patto di pacificazione tra le cosche e di riorganizzazione nelle quali Matteo Messina Denaro è quasi ininfluente. La fotografia della evoluzione della mafia emerge dalla relazione del presidente della Corte d’appello Matteo Frasca per l’inaugurazione dell’anno giudiziario che verrà illustrata domani nel corso della consueta cerimonia organizzata al palazzo di giustizia di Palermo.

Frasca sottolinea che è ormai accertata la «pacifica convivenza dei corleonesi, anche i più intransigenti, con i perdenti, ormai tornati da qualche tempo sul territorio di origine, che gestiscono indisturbati i loro affari illeciti anche di un certo rilievo».

Il segno di una ritrovata convivenza viene colto nel fatto che nelle indagini più recenti «non vi è traccia di ideazione, anche generica, di fatti di sangue o, in ogni caso, di violenza da una parte o dall’altra». Le principali fonti di arricchimento e di accumulazione restano sempre il traffico di stupefacenti, il pizzo che è ancora «lo strumento più semplice da adottare in tempi brevi», le scommesse soprattutto on line.

La mafia è sempre attiva, con articolazioni che arrivano nel mondo delle professioni, nel campo degli appalti, ma la gestione e la turbativa riguardano quasi esclusivamente quelli degli enti locali di piccole e medie dimensioni.

Il punto di forza di Matteo Messina Denaro, l’ultimo importante e pericoloso boss mafioso ancora latitante, è la sua meticolosa applicazione di un «criterio dinastico» nel governo dell’associazione mafiosa. Messina Denaro, sostiene il procuratore generale Matteo Frasca nella relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario, sceglie sempre persone appartenenti alla propria cerchia familiare in modo che il vincolo mafioso coincida pienamente con il vincolo di sangue. Il metodo del boss più ricercato d’Italia ha trovato riscontro nelle ultime indagini che hanno portato prima all’arresto e poi alla condanna di alcuni stretti congiunti di Messina Denaro: il cognato Filippo Guttadauro, il fratello Salvatore e la sorella Patrizia, il cognato Vincenzo Panicola, i cugini Giovanni Filardo e Lorenzo Cimarosa, il nipote Luca Bellomo.

La selezione dei sottocapi tra le persone di famiglia si accompagna a un’altra strategia di governo del territorio e consiste nella rinuncia alle più eclatanti azioni criminali come stragi e delitti eccellenti. Ciò gli ha consentito di «operare in una cornice di pace apparente utilizzando soggetti insospettabili che hanno permesso a Cosa nostra di penetrare nel tessuto sociale ed economico».

Tra i settori controllati da Messina Denaro la grande distribuzione alimentare e la produzione di energie alternative.

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