I casi di donne vittime di violenza sono in aumento su tutto il territorio italiano. All'ordine del giorno diversi episodi che, nel peggiore dei casi, sfociano in brutali omicidi. Le giornate mondiali per ricordare le donne vittime di violenza, l’installazione di panchine rosse e le manifestazioni hanno acceso sempre più i riflettori e sono tanti i progetti in tutta Italia.
A Palermo, le donne vittime di violenza con o senza figli hanno potuto contare, negli ultimi due anni, su un sistema di prestazioni, interconnesso con i servizi della Rete antiviolenza cittadina, che ha visto il pieno impegno dell'associazione Le Onde Onlus.
Obiettivo del progetto che si concluderà il prossimo 21 dicembre, denominato "Un sistema di intervento per prevenire e contrastare la violenza verso le donne", finanziato dal Comune di Palermo in qualità Capofila del Distretto socio sanitario 42, è stato quello di garantire, attraverso tutta una serie di prestazioni, un percorso di uscita dalla violenza, per donne italiane e straniere, sole o con figlie/i.
Primo step, come spiega la presidente dell'associazione Le Onde Onlus, è il contatto telefonico attraverso il quale può essere fissato un colloquio al Centro antiviolenza, una consulenza legale, essere messe in contatto coi servizi della Rete, valutare l’ingresso in una casa rifugio in situazioni di emergenza.
Nel tempo sono stati attivati diversi servizi, dal servizio di accoglienza telefonica alle sedi del Centro Antiviolenza, fino alle case rifugio.
Il centro Antiviolenza vede un primo Servizio di Accoglienza Telefonica (S.A.T.) a cui rispondono operatrici di accoglienza del Centro antiviolenza per fornire informazioni, indicazioni e per facilitare l’accesso ai servizi del Centro antiviolenza. Opera attraverso l’elaborazione di una risposta progettuale integrata, partendo da una prima analisi situazionale, biografica e di contesto della situazione di violenza prospettata, individuando obiettivi in priorità ed in relazione alla valutazione del rischio in atto. Inoltre, fornisce informazioni e supporto a operatori o amici e conoscenti delle vittime.
Attraverso il S.A.T. le donne, gli operatori e le operatrici, si può fissare un colloquio, come detto, al Centro antiviolenza, una consulenza legale, essere messe in contatto coi servizi della Rete, valutare l’ingresso in una casa rifugio in situazioni di emergenza.
Il Centro antiviolenza ha una sede centrale e una decentrata in grado di offrire una serie di prestazioni a consulenza sia interne al Centro che esterne, le cui tappe principali sono: la valutazione del rischio al fine di rilevare la sussistenza di fattori di rischio per l’incolumità della donna e quella dei figli, che richiedano l’attivazione di procedure di protezione quali l’inserimento in una struttura ad indirizzo segreto, anche in emergenza (in raccordo con l’U.O. Emergenze sociali del Comune di Palermo laddove non vi sia più disponibilità in casa rifugio): la definizione e accompagnamento del e nel progetto individuale partendo dall’analisi situazionale, biografica e di contesto della situazione di violenza vissuta, individuando obiettivi in sequenza di priorità ed in relazione alla valutazione del rischio in atto, e monitorati periodicamente; l'attivazione delle consulenze idonee al supporto del percorso progettuale; la valutazione di inserimento in struttura, si accompagnerà la signora sola o con figli alla possibile residenzialità temporanea nelle case rifugio del sistema o in altra struttura; l’inserimento in emergenza sarà ricondotto ad una metodologia centrata sulla progettualità e sulla gestione attiva della crisi; infine, l'accompagnamento nella fase di uscita dalla struttura sino al raggiungimento degli obiettivi elaborati nel progetto individuale di autonomia.
Sono in tutto due le case rifugio per donne vittime di violenza: una comunità protetta con reperibilità h 24, gestita dall'associazione Buon Pastore Onlus e una comunità protetta con vocazione di secondo livello, gestita dall'associazione Le Onde Onlus. La permanenza presso le strutture viene valutata singolarmente per un periodo variabile in funzione della situazione di emergenza, mentre la permanenza di secondo livello è prevista di sei mesi/un anno.
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