Se c’è un’immagine che dimostra un mutamento certo negli assetti di Cosa nostra è quella di Settimo Mineo, il boss di Pagliarelli, che secondo i carabinieri sarebbe stato anche a capo della nuova Cupola, che bacia rispettosamente uno degli esponenti di spicco tra i clan degli “scappati”, Francesco Inzerillo, detto “Franco u tratturi”, al vertice della famiglia mafiosa di Passo di Rigano, nonché fratello di Totuccio, assassinato nel 1981 agli albori della seconda guerra di mafia.
Un abbraccio avvenuto il 22 maggio dell’anno scorso, a poche ore dall’omicidio del boss Giuseppe Dainotti e alla vigilia del venticinquesimo anniversario della strage di Capaci, in uno dei quattro incontri documentati tra i due nel fermo “Cupola 2.0”, come si legge in un articolo pubblicato sul Giornale di Sicilia oggi in edicola. Incontri che sancirebbero il definitivo superamento delle volontà finora indiscutibili di Totò Riina, a poco più di un anno dalla sua morte.
Il “capo dei capi”, infatti, quando si era lanciato da Corleone all’assalto di Palermo aveva sterminato tutti coloro che lo ostacolavano e disposto che, per salvarsi la vita, gli appartenenti ai clan perdenti, come gli Inzerillo, dovessero scappare negli Stati Uniti e mai più ritornare in Sicilia.
L’ipotesi di un rientro pacifico era stata al centro di un aspro confronto all’interno di Cosa nostra una decina di anni fa: come era emerso dall’operazione “Gotha” del 2006, mentre il boss di San Lorenzo, Salvatore Lo Piccolo, mostrava segni di apertura, uno dei capi più carismatici dell’organizzazione, Nino Rotolo, al vertice del mandamento di Pagliarelli, si era drasticamente opposto, sostenendo che la decisione dell’espatrio era stata presa a suo tempo dalla Commissione provinciale e che, nell’impossibilità di nuove riunioni, tale dovesse restare. Neanche il boss Bernardo Provenzano, investito della delicata questione, si era sbilanciato, preferendo garantire gli equilibri e la pace in quel momento in atto.
Adesso, però, è proprio l’erede di Rotolo e di Riina ad incontrare gli “scappati”, non solo Franco Inzerillo (che comunque era stato espulso dagli Usa nel 1997 e costretto a tornare già allora in Italia), ma anche suo cugino Tommaso. Gli appuntamenti sono avvenuti sempre nello stesso negozio di via Castellana, il 6 e il 10 marzo dell’anno scorso, il 22 maggio, quando i carabinieri annotano anche il saluto con il bacio, e infine pochi mesi fa, lo scorso 25 maggio, cioè a pochi giorni dalla riunione della nuova Cupola.
Impossibile conoscere il contenuto di questi incontri, sapere di cosa abbiano parlato i boss, per via delle cautele utilizzate al fine di evitare intercettazioni. E Mineo in questo sarebbe stato particolarmente attento, non solo non possedeva un cellulare, ma avrebbe persino evitato di stare accanto a chi ne avesse uno: “Quando sei a lato di me – diceva infatti a uno dei fermati, Andrea Ferrante – lo devi buttare il telefono!”.
Inoltre i carabinieri hanno messo in luce come in generale gli incontri avvenissero quasi sempre per strada o in attività compiacenti – dall’agenzia di pompe funebri al deposito di patate – sempre per evitare le microspie.
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