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Mafia a Palermo: da Bagheria alla Noce, nella nuova cupola alcuni mandamenti senza capo

L'arrivo degli arrestati al carcere "Pagliarelli" (Foto di Marcella Chirchio)
L'arrivo degli arrestati al carcere "Pagliarelli" (Foto di Marcella Chirchio)

Nella riunione in cui è stata decisa la composizione della nuova cupola mafiosa non tutti i mandamenti sono stati affidati. Nell’ordinanza di fermo dell’operazione Cosa nostra 2.0 è scritto che «il riferimento ai mandamenti di San Giuseppe Jato e Corleone, correlato a quello dei vecchi di paese che erano presenti alla riunione lascia ritenere che verosimilmente tutte e 15 le articolazioni mandamentali di Cosa nostra palermitana fossero rappresentate nel corso della riunione».

Ma nell’incontro non era stato deciso il capomafia di Bagheria, in gioco ci sarebbero Gioacchino Mineo e Giuseppe Scaduto, e neanche il mandamento della Noce, quartiere caro a Totò Riina, per il quale vi era un ballottaggio tra Francesco Picone e un altro mafioso non identificato.

Una "nuova cupola", dunque, con il "capo" e tre vice che gestiscono i rapporti fra boss e gregari delle cosche, ma anche gli "affari" e la spartizione del territorio. La necessità di riassestare gli equilibri ha un'accelerazione dopo la morte di Totò Riina, morto a novembre del 2017. È quanto emerso dall'operazione dei carabinieri, coordinata della Dda di Palermo e denominata appunto "Cupola 2.0" e che ieri ha portato all'arresto di 46 persone tra presunti boss e gregari di cosa nostra.

Le regole sono quelle vecchie, così come i "vecchi di paese" sono i personaggi che entrano a fare parte della ricostituita commissione provinciale di cosa nostra. Gente che ha alle spalle una carriera mafiosa di un certo peso. La "nuova cupola" ha un capo: Settimo Mineo, 80 anni ufficialmente gioielliere in un negozio di corso Tukory, reggente del mandamento mafioso di Pagliarelli. Mineo sarebbe stato nominato capo, perché "il soggetto di maggior autorevolezza - scrivono i magistrati nel provvedimento di fermo - che aveva preso la parola durante la riunione e aveva chiesto a tutti gli intervenuti il rispetto delle regole spiegandone i contenuti e le modalità di esecuzione".

Al di sotto di lui, ci sono tre "vice": Filippo Salvatore Bisconti, reggente del mandamento mafioso di Misilmeri - Belmonte Mezzagno, Gregorio Di Giovanni, detto Revuccio reggente del clan Porta Nuova, e Francesco Colletti, boss della cosca di Villabate.

L'indagine ha svelato il tentativo di ricostituire la commissione provinciale ormai "in sonno" dai primi anni '90. La commissione sarebbe tornata a riunirsi, come emerge dalle intercettazioni il 29 maggio scorso.

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