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Palermo, minacce al presidente del Centro Padre Nostro

È stato minacciato il presidente del Centro Padre nostro di Palermo, Maurizio Artale, proprio davanti la Casa museo  di Padre Pino Puglisi nel quartiere di Brancaccio.

A raccontare la vicenda è Artale stesso. Il fatto risale a sabato scorso. Dopo aver partecipato al Convegno dal titolo "Crisi e Rigenerazione'', svoltosi presso la Missione Speranza e Carità, Artale si è diretto verso la Casa Museo del Beato Giuseppe Puglisi, dove lo attendevano i volontari del centro ed il gruppo dei giovani promotori dell'iniziativa ''La Via dei Tesori''.

Subito dopo un residente di piazzetta Beato Pino Puglisi si è avvicinato a lui lamentando il fatto di non riuscire più a parcheggiare la sua moto sotto il suo balcone, perché la casa di Padre Pino Puglisi è diventata museo. Alla fine di una lunga conversazione, il residente ha concluso con questa frase: "Hanno fatto bene ad ammazzarlo", riferendosi a Padre Pino Puglisi.

A raccontare la vicenda è lo stesso Artale in un comunicato. "Capita che appena sceso dall'auto, un 'energumeno', venuto fuori dal portone del civico 3 di piazzetta Beato Giuseppe Puglisi a torso nudo, con barba folta e nera così come la sua capigliatura alla moda, si dirige verso di me con un fare pari a quello di un rinoceronte che carica la sua preda - racconta in un comunicato Artale - Capita che egli abbia alcuni attimi di esitazione per il fatto che io stia parlando al cellulare e che al contempo una donna al balcone gli grida qualcosa. Io non comprendo perché impegnato al cellulare, ma vedo che questa gli lancia una maglietta affinché possa coprire il torso ed assumere un aspetto più dignitoso - aggiunge Artale - Capita che alla fine della mia telefonata, 'l'energumeno', puntandomi il dito in faccia, mi urli che per colpa mia lui non può più posteggiare la moto sotto il suo balcone e che da quando io ho comprato quella casa, indicando con l'indice la Casa Museo dove ha vissuto il Beato Giuseppe Puglisi, in quella piazza non c'è più pace".

"Mi limito ad aggiungere che continuavo a non comprendere la sua agitazione - racconta Artale - Così gli chiedo se non fosse contento della visita del Papa in quel luogo e se non fosse contento di affacciarsi al balcone e vedere la piazza sgombra di auto, risistemata, pulita e con le aiuole fiorite. Capita che lui mi risponda che non gliene fotte niente del Papa e che io gli avevo tolto 'l'identità' facendo persino cambiare nome alla piazza, aggiungendo che non solo avevo precluso l'accesso delle auto su metà marciapiede, ma che ora stavo esagerando e me ne stavo approfittando".

A quel punto l'interlocutore di Artale, parlando dell'omicidio di don Pino Puglisi, avvenuto il 15 settembre del 1993 proprio davanti all'abitazione del prete antimafia, inveisce contro il Presidente del Centro e gli grida: "Hanno fatto bene ad ammazzarlo", continuando ad indicare la casa del beato. E sempre con toni accesi gli chiedo perché queste cose non le ha dette quando la piazza pullulava di forze dell'ordine. Incalzante continuo e gli chiedo se è capace di dire queste cose davanti agli ''sbirri'', e se, nel caso in cui io li avessi chiamati, lui davanti a loro, in quell'istante, avrebbe ripetuto le stesse parole che aveva appena rivolto a me - racconta ancora Artale - Capita che lui mi risponda che avevano fatto bene ad ammazzare u parrinu e che lui non si spaventa di nessuno e che di tutto questo movimento a lui non gliene fotteva niente. Capita che io lo inviti a tornarsene a casa, spiegandogli che se avesse continuato con quell'atteggiamento e quel comportamento, gli sbirri, come li chiamava lui, se lo sarebbero di certo prelevato. Capita che io mi diriga verso il portone del civico 5 di piazzetta Beato Pino Puglisi per andare a casa Museo, dove mi attendevano i volontari, i quali, dal balcone della cucina, avevano assistito a questa accesa discussione".

"Dopo l'incontro e dopo avere tranquillizzato il gruppo dei giovani rassicurandoli sul fatto che non avrebbero corso alcun pericolo, sono tornato a casa, dove ho riflettuto sull'accaduto - scrive ancora Artale - Mi sono chiesto: ''Ma dove erano le centinaia di persone che hanno esposto lenzuoli bianchi ai balconi in occasione della venuta del Papa? Come mai nessuno è sceso dalla propria abitazione per cercare di condurre alla ragione l'energumeno? Come mai quando ho alzato lo sguardo verso le finestre e i balconi prospicienti la piazzetta, non c'era nessuno?. Questo non deve capitare Quei lenzuoli bianchi devono diventare lo specchio della coscienza. Non è possibile ancora oggi, dopo 25 anni dal martirio del Beato Giuseppe Puglisi, trincerarsi dietro la paura di metterci la faccia, di dimostrare all'energumeno che non la pensano come lui e che la mafia non fa bene quando 'ammazza' una qualsiasi persona. Non è possibile che nessuno degli abitanti di quella piazza non ripudi con fermezza il comportamento dell'energumeno. Non è possibile che quella piazza vuota, dove il centro di accoglienza Padre Nostro ha installato una statua del Beato Giuseppe Puglisi, ed indicato con un medaglione in bronzo il luogo dove egli è caduto Martire, anche per la loro ignavia, non sia oggi per tutti loro un vanto, un motivo di orgoglio". E conclude: "Questo non può e non deve capitare mai più. Piazzetta Beato Padre Pino Puglisi è il simbolo del riscatto, non solo per la comunità di Brancaccio ma per tutta la città di Palermo. Quella piazzetta deve interrogarci tutti i santi giorni della nostra vita".

Il presidente Nino Tranchina, delle Acli di Palermo: "Esprimiamo piena solidarieta a Maurizio Artale per la minaccia subita sabato scorso. Questa aggressione insieme alla terrificante indifferenza dei residenti, ci indicano che ancora oggi c’è molto lavoro da fare affinché siano affermati quei principi di legalità che nella vita quotidiana sono le semplici regole per far crescere una società e le relazioni tra i cittadini".

 

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