Tra anomalie, lati oscuri e depistaggi la strage di via d’Amelio è l’emblema delle cattive indagini. La denuncia di Fiammetta Borsellino arriva dal palco di «Una marina di libri», stimolata dai giornalisti Piero Melati e Salvatore Cusimano e incalzata dai ragazzi del liceo Galilei.
La figlia del magistrato ucciso il 19 luglio 1992 ripercorre il suo percorso di ricerca della verità, che l’ha portata a incontrare in carcere anche i boss Giuseppe e Filippo Graviano, e arriva a una conclusione molto severa: «Mai come oggi la ricerca della verità appare difficile, perché mai come oggi è connessa alla ricerca delle ragioni della disonestà di chi questa verità doveva scoprirla. Io non smetto di chiederla. Il contributo di onestà non lo devono dare solo i mafiosi ma anche le persone delle istituzioni che sanno».
Il punto nodale è quello che porta al falso pentito Vincenzo Scarantino. Fiammetta Borsellino chiama in causa non solo i poliziotti che crearono il grande depistaggio ma diversi magistrati che sin dalle prime battute avrebbero avallato le tante deviazioni, dal procuratore di Caltanissetta del tempo Giovanni Tinebra ai pm Anna Maria Palma, Carmelo Petralia e Nino Di Matteo. Questi magistrati «sono stati loro stessi autori di un processo caratterizzato da anomalie anche grossolane». Tanti punti oscuri avrebbero meritato risposte rapide e precise. E invece «neanche il Csm» ha saputo farlo.
Nei 57 giorni che passarono tra la strage di Capaci e quella di via D’Amelio si mossero varie forze lungo l’asse dei rapporti tra mafia e politica. Per sostenere questa tesi Fiammetta Borsellino cita una frase ripetuta dal padre in quei giorni: "Mafia e politica o si fanno la guerra o si mettono d’accordo. In quei giorni - dice - evidentemente si misero d’accordo mentre tutti sussurravano a mio padre che il tritolo per lui era già arrivato. Lo sapeva anche il procuratore Pietro Giammanco che però non lo avvertì. E nessuno ha mai sentito il bisogno di sentirlo».
Qualche cambiamento si avverte. «Le Procure - ammette - vogliono andare a fondo. C'è stato anche il processo per la trattativa, un momento importante che però arriva dopo 25 anni. Non mi piace fare il tifo da stadio ma certe persone andavano cercate molto prima». E l’antimafia deve ripensare se stessa: "E' un momento di grandi proclami ma vuoto di contenuti. Molti che così spesso dicono di essere sotto minaccia farebbero bene a non recitare la parte dei martiri».
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