PALERMO. «Non c'è nessuna prova che Saguto in presenza di difficoltà economiche si rivolgesse ad amministratori e coadiutori per ottenere da loro utilità», cioè soldi o favori. E’ il giorno della difesa al processo disciplinare a carico dell’ex presidente delle Misure di prevenzione del tribunale di Palermo Silvana Saguto, accusata qui e nel giudizio penale in corso a Caltanissetta, di aver gestito in maniera disinvolta i patrimoni di Cosa nostra attraverso assegnazioni di incarichi a un ristretto gruppo di fedelissimi da cui avrebbe in cambio ricevuto soldi, regali e favori.
E l’avvocato Francesco Colotti, che chiede l’assoluzione da tutti i 33 capi di incolpazione per la sua assistita, evidenzia come anche dagli accertamenti bancari disposti dalla magistratura «non sia emersa traccia» di quel denaro; soldi e doni che - secondo la contestazione del Pg della Cassazione e del ministro della Giustizia - sarebbero serviti a tamponare la situazione critica in cui si trovava la famiglia del magistrato "a fronte di un tenore di vita tutt'altro che congruo rispetto alle entrate ufficiali».
L’accusa di aver ricevuto somme di denaro, soprattutto ma non solo dall’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, amministratore in sette procedure per le quali lui percepì compensi particolarmente elevati, non è provata nè da sequestri di contanti, nè da dichiarazioni di testimoni, sostiene il legale. Ma è basata su «frammenti di intercettazioni telefoniche, su brogliacci dal significato equivoco», che secondo l’avvocato non potevano neppure essere utilizzati nel procedimento disciplinare.
Nessuno scambio di favori nemmeno dietro la nomina a coadiutore del marito del magistrato, l’ingegnere Lorenzo Caramma, in una delle procedure affidate a Cappellano Seminara: quella collaborazione - che secondo l’accusa permise al coniuge del magistrato di lucrare oltre 750mila euro - fu decisa quando lei ancora non si occupava di misure di prevenzione a Palermo. E ancora, in tema di denaro, il legale smentisce che i 15mila euro che il padre di Saguto le versò con un bonifico bancario con la causale «regalo di compleanno», fossero soldi che provenivano da un altro dei professionisti del cerchio magico, il professore Carmelo Provenzano, come sostiene invece l’accusa. E spiega che nei momenti di difficoltà economica era proprio al padre che il giudice si rivolgeva, come proverebbero diverse intercettazioni.
Il processo è ormai alle ultime battute. Il Csm, dopo aver disposto una visita fiscale, non ha considerato «impedimento assoluto» il ricovero in una clinica di Saguto e ha convocato il magistrato il 22 perchè possa rendere dichiarazioni spontanee.
In quello stesso giorno dovrebbe arrivare la sentenza per lei e per gli altri magistrati coinvolti in questa vicenda: Fabio Licata, Lorenzo Chiaramonte, Tommaso Virga e Guglielmo Muntoni. Per tutti loro il rappresentante della procura generale della Cassazione Mario Fresa ha chiesto la condanna a sanzioni variabili dalla censura alla perdita di anzianità, mentre per Saguto la più drastica: la rimozione dall’ordine giudiziario.
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