PALERMO. Stipendio per un lavoro a tempo pieno anche se non si va quasi mai in azienda. Le imposizioni di cosa nostra – come rivela l’inchiesta che ha portato a 16 arresti ieri mattina a Bagheria - sono sempre più dure da digerire per gli imprenditori che oltre al pizzo devono assumere pure i “segnalati”, altrimenti interverranno “altre persone”, con un implicito riferimento all’organizzazione mafiosa.
"Lei – dice un indagato all’imprenditore - quando è stato che gli ha proposto la cosa a mezza giornata doveva trovare a me doveva trovare non a mio figlio che ce la facevo finire buona io a lei, l'ha capito? A lei e a qualche altro!... ora io gli dico, ora io gli dico, si metta due piedi in una scarpa e parli con il signor... Il signore di Parma … e gli dice vediamo come possiamo risolvere sta cosa a metterlo tutta la giornata…"
E ancora: "Ma quante volte dobbiamo parlare? Questa pazienza quanto deve essere? Questa pazienza … Lo sa, lo sa che nella vita si perde la pazienza? … non c'è bisogno di vedersi prima, ormai qua abbiamo chiarito tutto, lei mi deve solo chiamare e dire, lei viene lo facciamo firmare assieme, e suo figlio è messo a tutto il giorno".
Come dice l’imprenditore, da quel momento sono cominciati “seri problemi”. Prima con lettere di minacce semplici, poi di morte, recapitate con buste con all’interno cartucce d’arma da fuoco. In pratica, l’indagato pretendeva che venissero ripristinate le condizioni di lavoro a tempo pieno di suo figlio, garantendo che avrebbe cambiato atteggiamento andando a lavoro.
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