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Contrada, revocata la destituzione dalla polizia

Bruno Contrada

PALERMO.  Il primo effetto della sentenza che ha atteso per 25 anni è arrivato: il capo della Polizia ha revocato la destituzione di Bruno Contrada, ex dirigente della Mobile di Palermo poi passato al Sisde. Un atto dovuto dopo la decisione della Cassazione di revocare la condanna a 10 anni per concorso in associazione mafiosa dell’ex funzionario.

«Non c'è assolutamente più modo di riparare all’ingiustizia subita. Le parole lasciano il tempo che trovano. Non si uccide solo col piombo», ha commentato amaro Contrada. «Al prossimo Natale faccio 25 anni che lotto contro calunnie e diffamazioni. Oggi non posso essere felice, né può esserci una festa: c'è la consapevolezza che forse è iniziato il cammino per ristabilire completamente la verità, contro le ingiustizie che da un quarto di secolo ho subito», aggiunge.

Il provvedimento del capo della Polizia dà dunque esecuzione alla sentenza della Suprema Corte e revoca la sanzione accessoria alla condanna che agli inizi di luglio la Cassazione stessa ha dichiarato ineseguibile e improduttiva di effetti penali. Nella decisione del capo della polizia si riconosce inoltre all’ex funzionario per il periodo compreso tra il 13 gennaio del 1993, data di decorrenza della destituzione, e il 30 settembre del 1996, giorno dal quale Contrada è andato in pensione, il trattamento economico che gli sarebbe spettato. «È un giorno importante per il nostro assistito, che dopo tanti anni vede restituita la sua onorabilità e viene reinserito tra i prefetti della Polizia, ma più in generale per tutti, perché la forza del diritto prevale sulle ingiustizie. - dicono i legali di Contrada, gli avvocati Stefano Giordano e Vittorio Manes - Esprimiamo sincero apprezzamento e stima nei confronti del Capo della Polizia dottor Gabrielli per la sollecitudine e la disponibilità dimostrata, un esempio dell’Italia che funziona».

Bruno Contrada, per anni poliziotto in prima linea contro la mafia a Palermo, venne arrestato con l’accusa di concorso in associazione mafiosa il 24 dicembre del 1992. In primo grado fu condannato a 10 anni, ma la sentenza fu ribaltata in appello e il funzionario venne assolto. L’ennesimo colpo di scena ci fu in Cassazione, quando l’assoluzione fu annullata con rinvio e il processo tornò alla corte d’appello di Palermo che, il 25 febbraio del 2006, confermò la condanna a 10 anni. La sentenza divenne definitiva nel 2007. Bruno Contrada, che aveva subito una lunga custodia cautelare in carcere, tornò in cella. Il funzionario, tra il carcere e i domiciliari per motivi di salute, ha scontato tutta la pena.

Due anni fa, però, la Corte Europea dei diritti dell’Uomo condannò l’Italia a risarcire il poliziotto, nel frattempo sospeso anche dalla pensione, ritenendo che Contrada non dovesse essere né processato né condannato perché all’epoca dei fatti a lui contestati il reato di concorso in associazione mafiosa non era «chiaro, né prevedibile». L’ultimo tentativo, quello dell’ incidente di esecuzione, é stato fatto dall’avvocato Stefano Giordano che ha chiesto alla corte d’appello di Palermo, l’anno scorso, proprio alla luce ella sentenza europea, di revocare la condanna. La corte dichiarò inammissibile il ricorso. La Cassazione, a cui Giordano si é rivolto, gli ha dato ragione.

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