PALERMO. Continuava a gestire la sua azienda, nonostante fosse stata confiscata. Questa l'accusa nei confronti di Giuseppe Ferdico, il "re" dei detersivi a Palermo, arrestato dagli uomini del Nucleo di Polizia Tributaria della guardia di finanza. Il reato è quello di intestazione fittizia di beni.
Ai domiciliari è finito invece commercialista Luigi Miserendino, l’amministratore giudiziario che era stato nominato dal tribunale per gestire il bene, accusato di favoreggiamento.
I militari della guardia di finanza hanno arrestato anche altre 3 persone, ritenute responsabili, a vario titolo, di intestazione fittizia di beni, favoreggiamento personale e reale ed estorsione aggravata dal metodo mafioso.
L'inchiesta che ha portato ai 5 arresti è coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dall'aggiunto Salvo De Luca e dai pm della Dda Roberto Tartaglia e Annamaria Picozzi.
Giuseppe Ferdico, tre anni fa, era stato processato e assolto per concorso in associazione mafiosa e riciclaggio. L'assoluzione, però, non gli aveva evitato le misure di prevenzione. Oltre alla confisca del patrimonio, il tribunale gli ha infatti imposto la misura personale della sorveglianza speciale. Mentre la confisca era stata chiesta e ottenuta dalla dda di Palermo.
Contro Ferdico c'erano le dichiarazioni di alcuni pentiti tra cui i fratelli Stefano e Angelo Fontana che avevano detto di aver utilizzato le attività di Ferdico per ripulire 400 milioni di lire. Il nome dell'imprenditore compariva pure in alcuni pizzini sequestrati a Bernardo Provenzano e Salvatore Lo Piccolo. Si faceva riferimento ad assunzioni e pagamenti.
Tutte accuse ritenute dai legali generiche e non riscontrabili. I beni del valore stimato in oltre 450 milioni di euro, che erano stati sequestrati nel 2012, consistono in sette società e relativi complessi aziendali, operanti nel settore della grande distribuzione di detersivi, prodotti per la casa ed alimentari, ubicate in Palermo e Carini, due terreni a Cardillo, 13 appartamenti a Carini e Palermo, un fabbricato in corso di costruzione a Carini e diverse disponibilità finanziarie.
Al momento della confisca passarono allo Stato anche una dozzina di supermarket in città e provincia, poi il grande centro commerciale di Carini.
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