PALERMO. Ai tempi del «10eLotto» con estrazioni lecite ogni cinque minuti e ad ogni angolo della città, la mafia a Palermo continua a fare affari con i numeri giocati in nero. Incassi (ma anche perdite) di migliaia di euro frutto delle puntate su ambi, terni e ritardatari. Il clan di Brancaccio sgominato dalla retata con 32 arresti si finanziava anche così. Non solo business di nuova generazione come le false fatturazioni e il commercio di pedane di legno, ma anche canali di approvvigionamento classici come le estorsioni, la droga e, appunto, il lotto clandestino. È quanto emerge dall’inchiesta coordinata dalla Procura di Palermo che ha consentito di decapitare la famiglia che sarebbe stata guidata da Pietro Tagliavia, 39 anni, sorpreso l’altro ieri dalla squadra mobile di Firenze in un’abitazione di Capraia e Limite, nel Fiorentino, dove si era appena trasferito. Lì avrebbe dovuto proseguire a osservare la misura degli arresti domiciliari per scontare una precedente condanna. Dalla Toscana, invece, Tagliavia avrebbe continuato a gestire il mandamento grazie ai suoi bracci esecutivi rimasti in Sicilia.